Luca Pancalli, presidente del Comitato paralimpico italiano - ANSA
Le righe si sono sciolte all’aeroporto Charles de Gaulle. La parte consistente della missione italiana è decollata alla volta Fiumicino, un gruppo più ristretto ha preso la via di Linate. Diretto a Roma anche il presidente del Comitato italiano paralimpico Luca Pancalli, che prima di lasciare Parigi ha tracciato il suo bilancio.
Presidente, l’universo paralimpico è progredito, ma la spedizione azzurra si è ingigantita in quantità e qualità. Più podi (71 contro 69) e più vittorie (24 contro 14) rispetto a Tokyo, ma anche più personaggi e più storie da scoprire e assaporare.
«Un’edizione straordinaria nei risultati, non soltanto quelli ottenuti sul campo da meravigliose atlete e stupendi atleti, ma anche perché abbiamo vissuto una manifestazione con stadi, palazzetti e impianti zeppi di spettatori. Questo ambiente fantastico ha conferito un tocco in più anche alle medaglie. Ripetere Tokyo sembrava un’impresa molto difficile ma ci siamo riusciti».
Al sesto posto nel medagliere, tre piazze in più rispetto al 2021, hanno contribuito 11 discipline su 17 (prima volta sul podio per pesistica e taekwondo), col nuoto a farla da padrone: 16 ori e 37 podi.
«Il dato più rilevante è il posizionamento nel medagliere, perché è il dato che dimostra come si siano mossi i vari comitati a livello mondiale. Abbiamo confermato ciò che gli altri Paesi continuano a dirci: siamo una realtà impressionante. Aver raccolto medaglie in tante discipline dimostra come la politica orizzontale intrapresa dal Cip insieme alle Federazioni sportive sia quella giusta».
A portare la bandiera durante la cerimonia di chiusura sono stati la nuotatrice Domiziana Mecenate e il mezzofondista Ndiaga Dieng. Come è maturata la decisione?
«Sull’onda della scelta del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella di ricevere al Quirinale gli atleti che hanno sfiorato il podio, abbiamo deciso insieme al capo missione, nonché segretario generale del Cip Juri Stara di nominare i due più giovani quarti posti a Parigi, per dare il segnale di un movimento che si è confermato ma che guarda anche al futuro. Lo dimostra il numero straordinario di 52 esordienti ai Giochi. A proposito, permettetemi di ringraziare il Capo dello Stato, perché la sua presenza qui è stata un driver importante per il movimento».
Quali sono state le emozioni più forti che ha provato?
«Tutte quelle legate ai risultati fantastici che ascrivo in primo luogo agli atleti, ai loro tecnici e alle loro famiglie. Sicuramente nella mia valigia riporto anche momenti amari, come quelli di Giacomo Perini, perché quella del nostro canottiere rimane per me una medaglia, e poi ovviamente la caduta di Ambra Sabatini nella finale dei 100 metri».
Parigi 2024 segnerà una rivoluzione nel vostro ambito?
«Sono da sempre convinto che nel mondo paralimpico internazionale non esistano rivoluzioni ma lunghi processi di contaminazione che partono da lontano. Ciascuna edizione è un pezzo in più della precedente. È come una lunga maratona, che stiamo ancora percorrendo. La rivoluzione francese che vorrei ricordare è quella del pubblico pagante: 2,5 milioni di biglietti venduti sono il segnale più importante di normalità che abbiamo dato. La gente ha comprato il tagliando per assistere a uno spettacolo sportivo. E poi ci sono state delle sedi di gara fantastiche. Gli osservatori di Milano-Cortina avranno di sicuro tratto tanti elementi importanti per il loro percorso. L’invernale non è paragonabile all’estiva, ma comunque di Paralimpiade si tratta».
Quest’edizione con la diretta integrale su Rai 2 ha raggiunto una platea più ampia di italiani.
«Questo è il nodo cruciale. Si parla tanto dell’importanza dei Giochi Paralimpici di Londra 2012 come quelli dello spartiacque tra il prima e il dopo, ma Londra per noi è stata fondamentale per le tantissime ore di diretta della Rai. Senza la presenza dell’emittente pubblica alcune immagini iconiche di quei Giochi, penso a quelle di Alex Zanardi, non esisterebbero. Rai 2 rete paralimpica ha rappresentato il vero cambiamento del 2024».
I Giochi si chiudono, l’impegno per migliorare la quotidianità continua.
«Sono convinto che il Cip sia tra i più grandi agenti trasformatori della società civile. Abbiamo cambiato il modo in cui le persone si rapportano col nostro mondo attraverso una narrazione che ha privilegiato gli aspetti tecnico-sportivi delle performance di alto livello. Scusandomi per il gioco di parole, direi che abbiamo abbattuto il pregiudizio dell’essenza di essere atleti dei nostri ragazzi».
Con quale auspicio torna a casa?
«Viviamo in un Paese dove spesso le difficoltà per una persona disabile sono tantissime. Speriamo che i riflettori accessi sullo spettacolo sportivo alimentino le luci sulle migliaia di sfide quotidiane che le persone disabili devono affrontare. Mi auguro che coloro che si sono appassionati alle Paralimpiadi, e sono veramente tanti, saranno persone sicuramente migliori, perché in grado di accettare ogni tipo di diversità».