L’ambientazione è cupa e drammatica: un’Ucraina invasa dalla Russia nel 2114, cento anni esatti dopo le proteste di piazza Maidan. La storia è quella di un ucraino che ha perso la memoria perché l’esercito russo ha "saccheggiato" il suo cervello per controllare i satelliti. I riferimenti indiretti ci rimandano ad Alice nel paese delle meraviglie, a I viaggi di Gulliver e persino all’Odissea di Omero. Il romanzo del giornalista ucraino Oleh Šynkarenko, Kaharlyk, è stato definito un libro di fantascienza dissidente favorito dalle nuove tecnologie, un’opera distopica sul conflitto russo-ucraino che usa l’utopia negativa come strumento di protesta nei confronti della Russia. Ma l’autore cerca di correggere il tiro, almeno in parte: «Più che una distopia sulla guerra con i russi – spiega – è un tentativo di rappresentare l’identità ucraina in modo insolito, anche con tratti umoristici e surreali». La genesi di questo romanzo, di cui a giorni uscirà l’edizione inglese per Kalyna Language Press, è stata però una cosa molto seria e sofferta: la prima bozza, pubblicata sul blog personale di Šynkarenko, è stata infatti censurata e cancellata dai servizi segreti ucraini. «Trovarono su internet la mia satira sull’uccisione del presidente Janukovic e non gradirono affatto. Mandarono tre energumeni a prelevarmi e mi interrogarono a lungo per capire se ero la mente di una rete internazionale che voleva uccidere il presidente. Mi fecero firmare una serie di testimonianze e poi cancellarono il mio blog acquisendo la piattaforma statunitense sulla quale scrivevo».
Com’è accaduto per le Primavere arabe del 2011, anche in Ucraina i social media hanno giocato un ruolo determinante durante i fatti di piazza Maidan. Ed è proprio in quel contesto, nei giorni di quella straordinaria stagione di proteste contro la corruzione, l’abuso di potere e la violazione dei diritti umani che Šynkarenko ricostruì il suo romanzo e iniziò a pubblicarlo giornalmente su Facebook sotto forma di piccoli estratti di cento caratteri ciascuno, integrandolo con contenuti audio, musica e registrazioni raccolte per strada. La sua favola distopica doveva servire a far conoscere anche fuori dall’Ucraina le paure e le aspirazioni di un paese «tagliato fuori dall’Europa», come lo definisce lui, e Facebook era uno spazio assai più sicuro per descrivere la sua visione di un futuro tragico che traeva spunto dalla violenza quotidiana. Sia per il messaggio che per la sua struttura innovativa, il romanzo ha ottenuto ottimi riscontri. Andrej Kurkov, romanziere ucraino famoso e tradotto in tutto il mondo, ha detto d’aver apprezzato in particolare la sua forma «ologrammatica», composta cioè dai pezzi di un puzzle che il lettore deve raccogliere in una figura compiuta; un estratto della traduzione è stato pubblicato dalla rivista "Index on Censorship" che dà spazio ai migliori scrittori del mondo sottoposti a censura.
Che messaggio ha voluto dare fuori dal suo Paese con questo romanzo?
«Volevo rappresentare un’Ucraina assai diversa da certi stereotipi, cercando di far conoscere anche l’innato umorismo che è alla base della nostra cultura. Putin sostiene che il mio Paese sia stato assemblato mettendo insieme la terra portata via ad altri Paesi, e che presto questi potrebbero riprendersela. Di recente, un museo nazionale russo ha portato in Crimea molti grandi dipinti della collezione di Stato ucraina, e quando il nostro ministro della cultura ha protestato, da Mosca hanno risposto che quelle opere erano di loro proprietà. Qualcosa di simile è accaduto con due lavori del pittore russo Ivan Repin, I battellieri del Volga e La risposta dei cosacchi dello Zaporoz, dipinti che secondo qualcuno descriverebbero i russi che lavorano duro, mentre gli ucraini pensano soltanto a divertirsi. Il mio romanzo parla anche di persone che lottano per resistere a questa assurda bugia».
Il suo romanzo è stato inizialmente pubblicato a puntate su Facebook. È stata una scelta necessaria solo ad aggirare la censura o è stata anche dettata da ragioni di carattere stilistico?
«Mi è servito anche per realizzare un’opera moderna multimediale, dove al testo si associassero la musica, i suoni e le immagini, facendo partecipare anche il pubblico. Poi l’esperimento si è concluso più o meno a un terzo del libro, quando compresi che il testo era molto più importante degli apparati e iniziai a riadattarlo e a ultimarlo per la stesura definitiva».
Attualmente lei lavora per l’Ukrainian Helsinki Human Rights Union, un’ong in difesa dei diritti umani, qual è oggi la situazione della censura nei confronti della stampa nel suo Paese?
«Fino a qualche mese fa il principale canale televisivo ucraino era guidato da una giornalista di Mosca, Maria Stolyarova, che negli ultimi due anni ha promosso una massiccia propaganda a favore della Russia. Ha imposto a tutti i giornalisti ucraini di chiamare i russi "eroi" e "liberatori", anche quelli che commettevano veri e propri atti di terrorismo nel nostro Paese. Finché non è stata cacciata dalla tv e anche dall’Ucraina per aver danneggiato gli interessi del nostro Paese. Adesso la censura è presente soltanto in Crimea e nelle regioni occupate dell’Ucraina orientale. È là che il lavoro giornalistico è molto rischioso, ancora oggi. Prima dell’estate un giornalista è stato arrestato e si è visto confiscare taccuini e pc con l’accusa di separatismo, solo perché sosteneva l’integrità territoriale ucraina».
E la corruzione? Cos’è cambiato con le vostre denunce di piazza Maidan?
«Fortunatamente è cambiato molto. Un esempio eloquente. Nel 2010 inoltravo molte richieste come giornalista ai ministri ucraini, che rispondevano solo raramente e di solito dopo due-tre settimane, senza dire niente. Oggi è possibile ottenere risposte in quindici minuti e i nostri funzionari sono molto più responsabili perché sanno che uno scandalo denunciato dai mezzi d’informazione può danneggiarli sul serio. Prima di Euromaidan era assolutamente impossibile, perché il potere politico ignorava i mezzi d’informazione o li usava solo come strumenti di propaganda. Anche la corruzione e lo spreco di denaro pubblico sono diminuiti in modo consistente da allora. L’ex sindaco di Kiev si muoveva in Rolls-Royce, quello attuale in bicicletta, ed era uno dei rivoluzionari che si sono battuti contro la corruzione dilagante. Anche per questo motivo continuo a vivere a Kiev e ho molta fiducia nel futuro».
La speranza di domani e l'Ucraina di oggi, dopo la crisi con la Russia e le proteste filo-europee. A colloquio con il giornalista perseguitato il cui fantaromanzo fa molto discutere
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