«Dimostra all’incirca trentatré anni, rasato, portamento sicuro, capelli bianchi, occhi e sopracciglia scuri. È rimasto immobile con le mani sulla ringhiera, ha accennato un solo gesto che ha procurato un sussulto alla folla, ha detto quelle poche parole lentamente, scandendole, con voce decisa. Poi è rimasto in attesa». Magari non sapete chi è, ma lo avete senz’altro riconosciuto. Non è Hitler né Mussolini, e neppure Stalin, anche se si comporta come loro. Può darsi che nemmeno le generalità anagrafiche siano di grande aiuto, per non parlare della qualifica ufficiale,
prezidante de Europo, ovvero “presidente d’Europa” in esperanto. Eppure, se diciamo che Julian Felsenburgh è
Il Padrone del Mondo, in un modo o nell’altro ci si capisce al volo, e non solamente perché il capolavoro di Robert Hugh Benson (1867-1914) è il romanzo che, da qualche tempo in qua, il Papa cita e consiglia con maggior frequenza. È tornato a farlo anche un paio di giorni fa, sul volo di ritorno dalle Filippine. Rispondendo alle domande dei giornalisti che gli chiedevano di spiegare meglio il concetto di “colonizzazione ideologica” evocato nel corso dell’incontro con le famiglie a Manila, Francesco si è così espresso: «C’è un libro – scusatemi, faccio pubblicità – c’è un libro, forse lo stile è un po’ pesante all’inizio, perché è scritto nel 1907 a Londra… A quel tempo lo scrittore ha visto questo dramma della colonizzazione ideologica e lo descrive in quel libro. Si chiama
Lord of the World. L’autore è Benson, scritto nel 1907, vi consiglio di leggerlo».Non è la prima volta, dicevamo, che papa Bergoglio si richiama a questo libro, peraltro molto amato anche dai lettori italiani. Pubblicato a metà degli anni Settanta dalla benemerita Città Armoniosa e successivamente entrato nel catalogo Jaca Book, oggi
Il Padrone del Mondo è disponibile in due diverse versioni: una, con prefazione di monsignor Luigi Negri, è edita dalla veronese Fede & Cultura, che propone anche gli altri romanzi di Benson e la prima biografia italiana dell’autore, allestita da Luca Fumagalli; l’altra, invece, porta il marchio di Fazi, la casa editrice romana che sta rilanciando le opere, elegantemente umoristiche, di uno dei fratelli di Robert, l’archeologo Edward Frederic Benson. La loro era una famiglia particolarmente in vista nella Gran Bretagna dell’epoca. Il padre, il reverendo Edward White Benson, fu arcivescovo di Canterbury e primate d’Inghilterra tra il 1883 e il 1896. Robert – ultimo di una nidiata di sei figli – ne seguì inizialmente le orme entrando nel clero anglicano, ma nel 1903 chiese di essere accolto nella Chiesa cattolica, con una decisione che, sia pure a lungo meditata, non mancò di suscitare scalpore. Nell’autobiografico
Confessioni di un convertito (Gribaudi), lo stesso Benson raccontò con estrema franchezza che a farlo incamminare verso Roma era stato, almeno inizialmente, un desiderio di maggior universalità. E la distinzione tra universalità e universalismo è probabilmente uno dei motivi per cui Francesco raccomanda con tanta insistenza
Il Padrone del Mondo.Il personaggio al quale il titolo fa riferimento è infatti l’Anticristo, che si manifesta al principio del XXI secolo, nel momento in cui sembra ormai ineluttabile un conflitto di proporzioni planetarie (il romanzo, come ricordato, uscì per la prima volta nel 1907, con largo anticipo rispetto allo scoppio della Prima guerra mondiale). L’Avversario si nasconde sotto le spoglie di Felsenburgh, un politicante dal passato incerto ma dal carisma trascinante, che in poco tempo riesce a sbaragliare le difese di una Chiesa cattolica già assottigliata e incerta. Prima dell’avvento di Felsenburgh, infatti, la massoneria ha preso il controllo del mondo, giocando sul doppio tavolo dell’umanitarismo e del comunismo, ideologie solo in apparenza opposte, ma in realtà convergenti su un omologazione che è, appunto, “colonizzazione ideologica”. I progressi tecnologici servono, tra l’altro, a far accettare come consueto, se non addirittura obbligatorio, il ricorso all’eutanasia, le lingue e le culture nazionali soccombono davanti all’avanzata di un unanimismo indistinto su cui Felsenburgh non fatica ad appoggiarsi per proclamare l’inizio di un’epoca di pace inevitabile e di forzato consenso. Quel che resta della Chiesa militante verrà spazzato via con la forza, dopo di che il mondo potrà finire, «e con lui la sua gloria», come recitano le ultime parole del romanzo.L’altro giorno, a corredo della citazione di Benson, Francesco ha ribadito la sua convinzione: «Il popolo ha la sua cultura, la sua storia; ogni popolo ha la sua cultura. Ma quando vengono condizioni imposte dagli imperi colonizzatori, cercano di far perdere ai popoli la loro identità e creare uniformità. Questa è la globalizzazione della sfera: tutti i punti sono equidistanti dal centro. E la vera globalizzazione – a me piace dire questo – non è la sfera. È importante globalizzare, ma non come la sfera, bensì come il poliedro, cioè che ogni popolo, ogni parte, conservi la sua identità, il suo essere, senza essere colonizzata ideologicamente». Ma al Padrone del Mondo, ormai lo abbiamo capito, il poliedro non piace proprio per niente.