giovedì 5 settembre 2024
La Onlus bresciana Museke ha sviluppato un sistema di terapia della riabilitazione nel Paese africano, fornendo alla nazionale paralimpica protesi e attrezzature per poter gareggiare
Il Burundi c'è grazie alla cooperazione internazionale italiana

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Si può essere felici anche arrivando ultimi. Così la burundese Adeline Mushiranzigo era festante sul manto viola dello Stade de France, nonostante fosse giunta settima nella batteria dei 400 metri per amputati agli arti inferiori. Ha impiegato un minuto e 19 per completare il giro di pista, ma in quei 79 secondi ha trasmesso un messaggio forte: anche l'Africa Nera può essere presente con una donna alle Paralimpiadi. Lei c’era già riuscita a Tokyo, pertanto ripresentarsi in Francia è stata una conferma.

Sulla maglia bianca che la ventiduenne senza il braccio destro sfoggia dopo la gara risaltano due disegni. Il primo, sul lato sinistro, ritrae il vessillo nazionale del Burundi, il secondo è il logo di Museke, una realtà bresciana attiva in progetti di cooperazione internazionale in Africa, e presente in Burundi dal 1969. La Onlus fondata da Enrica Lombardi e oggi retta dal fratello sacerdote Roberto e dal nipote Giacomo Marniga è uno dei sostenitori del team africano, presente a Parigi con due atleti, entrambi corridori. L’altro è il trentacinquenne Remy Nikobimeze, alfiere insieme a Mushiranzigo durante l’apertura, alla quinta presenza: nel 2008 a Pechino era stato quinto nei 5000 metri T46, miglior risultato del Burundi ai Giochi finora.

Oltre ai due in gara a Parigi, la Nazionale paralimpica burundese annovera altri atleti, che purtroppo hanno fallito la qualificazione. Sono stati proprio questi a far intervenire Museke nella missione speciale. Nel 2000 infatti il gruppo bresciano lanciò l’iniziativa di sostegno a distanza, Nderanseke (che significa “Educami e sarò felice”), inserendo nell’elenco delle centinaia di minori assistiti – tramite i 300 euro all’anno versati dalle tante famiglie che sposano il progetto – anche una bimba orfana e non vedente, che proprio con quell’aiuto ha una nuova opportunità di vita. Dieci anni più tardi, nel 2010, Museke propose il progetto Gateka (“Dammi dignità”), per assistere bimbi disabili con le loro mamme, sovente abbandonate dai mariti.

«Per anni ci occupiamo di far crescere questi bimbi e di intervenire in caso di emergenze sanitarie. Poi decidiamo di capire come poter migliorare la loro qualità di vita con un servizio di terapia della riabilitazione», osserva Marniga. Per far ciò non occorre solo il denaro, ma pure conoscenze («Visitiamo quasi tutte le realtà burundesi che si occupano di disabilità»), competenze («Abbiamo trovato tanti professionisti italiani che ci hanno aiutato») e personale locale formato: «Abbiamo organizzato un corso biennale riconosciuto dal ministero in Burundi». Ora il servizio di terapia della riabilitazione è una realtà e a Gitega c’è un centro che si occupa di disabilità, realizzando protesi, dove Museke ha donato una macchina per le radiografie.

«Il direttore del centro, Omer Hayimana, – spiega Don Roberto Lombardi – si occupa anche della nazionale paralimpica del Burundi e colloquiando con lui scopriamo che in squadra è presente anche la ragazza non vedente che noi avevamo aiutata da piccola». Pertanto su richiesta di Hayimana, Museke decide di elargire dei piccoli contributi per le attrezzature degli atleti. «Sono piccoli gesti di attenzione – continua Marniga – che però per la squadra sono importanti. Anche in vista delle Paralimpiadi abbiamo dato il nostro sostegno e così la squadra ha deciso di apporre il logo di Museke sulle magliette». L’atleta non vedente non ha strappato il pass per un problema di salute, ma ha seguito a distanza i colleghi indossando a casa la maglia col logo dell’associazione italiana che le ha donato una seconda opportunità.

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