Da simbolo del potere camorrista anche sullo sport, a simbolo della rinascita contro i clan, grazie alla sport e al volontariato. Il riscatto di Casal di Principe passa anche attraverso una pista di atletica leggera. Oggi si riapre l’impianto dopo anni di abbandono e degrado, nel paese dominato per decenni dal clan dei “casalesi”. Oggi i veri Casalesi se ne riappropriano dopo aver contribuito al suo recupero. L’anello in materiale sintetico, le pedane e il grande prato dove fino a poche settimane fa c’erano erbacce altissime, rifiuti, calcinacci. E questo avviene nel grande stadio di calcio, costruito proprio grazie ai soldi sporchi della cosca e dove giocava l’Albanova, la squadra di calcio “giocattolo” del clan, in particolare della famiglia Schiavone che direttamente e indirettamente l’ha gestita negli anni ’90, portandola nel 1996 fino allo spareggio col Giulianova, poi perso, per la promozione in serie C1. «Non era certo il lavoro più importante e urgente per la città ma sicuramente è un passaggio fondamentale nel percorso di riscatto perché questo impianto è stato il simbolo prima dell’occupazione criminale del territorio, poi della socializzazione e infine del degrado», spiega il sindaco Renato Natale eletto pochi mesi fa come espressione dell’antimafia sociale. Che aggiunge: «La città si riappropria di un bene comune e questo è un segno di rinascita. E come i segni sono importanti per la camorra lo sono ancor di più nella lotta ai clan».Il sindaco sta rientrando in paese da Pescara dove ha ricevuto il “Premio Paolo Borsellino”, «un premio che considero destinato alla mia città, per la sua resistenza eroica». Una resistenza che lo ha visto protagonista come medico degli immigrati (proprio ieri è stata festeggiato il 25° anniversario dell’associazione Jerry Masslo da lui fondata), già sindaco nel 1994 quando venne ucciso don Peppe Diana suo amico. Sono proprio gli anni del massimo potere del clan e anche dell’ascesa della squadra dell’Albanova, nome dato alla squadra di calcio nel 1964 riprendendo quello che durante il ventennio era stato imposto all’unificazione tra Casal di Principe e il limitrofo San Cipriano d’Aversa, tornati autonomi nel dopoguerra. Una squadra che aveva dei “tifosi” molto influenti in Francesco Schiavone “Sandokan”, capo indiscusso dei “casalesi” e nel fratello Walter, detto “Walterino” che ne seguiva direttamente l’attività fornendo i fondi grazie ad alcuni imprenditori collusi. Così si riuscì a costruire il grande stadio, con tanto di pista di atletica e illuminazione artificiale, i fari su quattro altissimi piloni che anche da lontano ti avvertono che sei arrivato a Casal di Principe. E non è un caso che lo svincolo dell’asse mediano che collega l’autostrada Roma-Napoli al mare, e che attraversa tutto l’Agro aversano, sia proprio all’altezza dello stadio.La parabola discendente della squadra di calcio è quasi parallela a quella del clan. Così dopo la promozione sfumata comincia la decadenza fino alla retrocessione nel 1998, guarda caso l’anno della cattura di “Sandokan” dopo una lunghissima latitanza (sparisce anche il nome Albanova, sostituito da Alba Casale). Le inchieste toccano anche lo stadio che viene messo sotto sequestro, e dopo le nuove norme dichiarato anche inagibile. Le giunte che si susseguono (alcune sciolte per infiltrazione camorristica) non trovano o non vogliono trovare i fondi per la messa in sicurezza e inizia il degrado. Ma i cittadini ci tengono a quell’impianto, soprattutto alla pista di atletica. «Era diventato un luogo di aggregazione sociale – spiega Ludovico Coronella, il giovane assessore allo Sport e alle politiche giovanili –, piano piano i cittadini se ne erano riappropriati, ci andavano con le famiglie alla fine della giornata. Sport assolutamente amatoriale». E davvero erano in tanti che tutte le sere si raccoglievano sulla pista e sul pratone, a correre in piccoli gruppi. Ma poi dopo un infortunio e una richiesta di risarcimento, l’impianto viene definitivamente chiuso nel luglio 2012 dalla commissione straordinaria insediata nel comune dopo l’ennesimo scioglimento (il terzo) per infiltrazione camorristica. E così il degrado non si ferma più, l’erba diventa una foresta, mentre tutto viene vandalizzato, col furto di tutti i metalli, dai rubinetti dei bagni agli infissi e ai fili elettrici. Ai cittadini per correre restano così solo le strade fino alla decisione di Renato Natale e della sua giunta di partire proprio da lì per la rinascita della città, proprio da quello stadio “giocattolo” del clan. E i cittadini ci stanno. Non ci sono soldi e allora ogni giorno tanti volontari, sindaco, assessori e consiglieri in testa, si danno da fare per tagliare l’erba, raccogliere i rifiuti, rimettere a posto i bagni, rappezzare la pista, grazie anche ai materiali (vernici, cemento, resine sintetiche) donate da alcuni imprenditori. «Come comune non abbiamo speso nulla, lavori a costo zero che ci sarebbero costati almeno 25mila euro», spiega ancora l’assessore Coronella. Così è tornata agibile la pista, il prato è tornato tale e i bagni funzionano. E oggi si torna a correre o anche solo a incontrarsi tra famiglie.Ma non ci si vuole fermare. Per rimettere a norma tutto lo stadio servirebbe 500mila euro. C’era un finanziamento ma venne revocato negli scorsi anni. Ora grazie alla collaborazione del ministero dell’Interno si dirotterà una cifra equivalente destinata alla costruzione di un palazzetto dello sport su un bene confiscato. «Su questo il viceministro Filippo Bubbico ci ha assicurato il massimo appoggio», sottolinea Renato Natale. E potrebbe presto riaprire anche la piscina comunale chiusa per “terra dei fuochi”. E la camorra c’entra anche qui. Sempre i commissari straordinari ne decisero la chiusura con un’ordinanza dell’ottobre 2013 per paura della contaminazione dell’acqua che viene prelevata da alcuni pozzi. Una decisione presa dopo che, su indicazione di un collaboratore di giustizia, erano stati trovati non lontano rifiuti industriali interrati che mettevano a rischio la falda dove pescano i pozzi. Così sono rimasti senza piscina ben 400 bambini per fortuna ospitati gratis da una piscina di santa Maria Capua Vetere. Anche qui la soluzione è imminente grazie all’allacciamento della piscina alla rete idrica comunale, assolutamente sicura. Ma nel frattempo in pochi mesi anche questo impianto è stato vandalizzato. «Servono 30mila euro per rimettere tutto a posto ma li troveremo», assicura l’assessore Coronella. E ci riusciranno sicuramente, per dare un altro forte segno che Casal di Principe e i suoi cittadini hanno davvero imboccato la strada della rinascita. Cominciando proprio dallo sport, questa volta doppiamente pulito.