martedì 17 dicembre 2024
Marinella Senatore a Rebibbia per la Porta Santa e quattro artisti internazionali per il 2025, a partire da Yan Pei-Ming a Regina Coeli. Il programma del Dicastero per la Cultura e l'Educazione
Un carcere

Un carcere - Robert Crow

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L’arte e la Santa Sede ritornano in carcere. Lo storico padiglione nella Biennale veneziana ha chiuso i battenti da poco meno di un mese che il suo spirito riapre a Roma con il Giubileo, per allargarsi all’Italia e quindi a tutto il mondo. Il Dicastero per la Cultura e l’Educazione della Santa Sede ha annunciato questa mattina in conferenza stampa il suo programma d’arte contemporanea per l’Anno Santo, che pone al centro la riflessione sul rapporto tra ispirazione creativa e gli elementi fondamentali del Giubileo. Il primo passo di questo “cammino di speranza” è in realtà una continuazione, visto che il percorso muove dalle carceri, con nuove collaborazioni e interventi artistici.
Il primo sarà proprio il 26 dicembre nella Casa circondariale di Rebibbia, in occasione dell’apertura della seconda Porta Santa da parte di papa Francesco, collocata per sua scelta nel carcere romano. Nel piazzale antistante la chiesa verrà eretta dal 21 dicembre a metà febbraio, l’installazione di Marinella Senatore Io contengo moltitudini frutto, come sempre nel lavoro dell’artista, di un processo partecipativo con la comunità carceraria. Si tratta di una nuova edizione del progetto presentato a Napoli la scorsa estate nella rotonda di Piazzale Diaz, una struttura verticale autoportante, alta circa 6 metri e dal diametro di circa 3, composta da luminarie ed elementi che riportano frasi in diverse lingue e dialetti, scelte tra quelle scritte da detenuti della sezione maschile e femminile in seguito ad un workshop per circa 60 partecipanti. “Nella sua forma, si presenta come una struttura verticale che evoca le macchine usate nei fuochi d'artificio delle festività barocche romane – spiega Senatore – Nella mia pratica le opere sono innanzitutto esperienze condivise e trasformative, riflesso del mio impegno continuo nella partecipazione attiva e nella collaborazione collettiva”. L’artista, nota anche per le sue performance di danza collettiva, ha lavorato con comunità carcerarie in tutto il mondo: “Ma qui a Rebibbia per la prima volta in assoluto nessuno ha utilizzato una citazione di poeti, scrittori o persino parenti. Tutti hanno voluto scrivere il loro pensiero, ho avvertito il bisogno estremo di avere una voce molto personale. L’arte, in quanto espressione intima e innata dell’essere umano, può essere molto trasformativa e molto più veloce di altri percorsi”. Le frasi selezionate “sono espressioni potenti di speranza e si intrecciano in una narrazione comune attraverso cui l’opera diventa un luogo di incontro e condivisione. Il mio lavoro muove dalla tradizione delle luminarie del Sud italiano perché queste hanno una radice comunitaria e sociale e molto forte, capace di creare spazi speciali in cui può accadere un momento speciale”.
Il progetto è a cura di Cristiana Perrella, incaricata anche del programma per il 2025 del nuovo spazio espositivo del Dicastero per la Cultura e l’Educazione, denominato “Conciliazione 5”, una finestra aperta 24 ore su 24 su via della Conciliazione all’interno del quale gli artisti invitati interverranno, dialogando poi anche con altri spazi di prossimità come una sorta di museo diffuso e permettendo a tutti i pellegrini di ammirare le opere esposte. Si partirà in occasione del Giubileo degli Artisti (15-18 febbraio), con un intervento del pittore cinese Yan Pei-Ming, noto per i suoi intensi ritratti di grandi dimensioni, che realizzerà un corpus di nuovi lavori sul carcere di Regina Coeli. Gli altri tre appuntamenti durante l’anno, con altrettanti artisti di rilievo internazionale, riguarderanno i migranti, i poveri e lo sfruttamento delle risorse naturali. “È un grande onore e un grande felicità per me – ha commentato Cristiana Perrella – aver ricevuto l’incarico di curare, durante il Giubileo, un progetto come questo, che nasce da una piena fiducia nell’arte e nella sua possibilità di misurarsi sui grandi temi del presente in modo libero e profondo, generando cambiamento. L’arte, infatti, sollecita un modo differente di vedere e capire le cose, sfidando le convenzioni e generando nuove domande, nuovi pensieri e dunque aprendo a una possibilità di trasformazione. L’arte è chiamata di nuovo a dare voce agli invisibili, a chi vive ai margini della società e a far aprire gli occhi su un tema urgente, molto caro a papa Francesco, che oggi non ha spazio nel dibattito pubblico e su cui c’è poca disponibilità all’ascolto”. La scelta di chiamare Marinella Senatore è stata naturale: “Il progetto per Rebibbia, visibile dalla comunità del carcere e dai famigliari in visita, dà voce diretta a chi voce non ha. Ho sempre apprezzato il carattere vero di coprogettazione e condivisione della sua pratica artistica. Lei lo fa ascoltando le voci degli altri. A Rebibbia questo ha già generato un cambiamento. Ho avvertito nelle carceri una grande sete di cultura, e insieme altrettanta curiosità e disponibilità”.
Il Prefetto del Dicastero, il cardinale Josè Tolentino de Mendonça, oltre ad avere rimarcato l’attenzione data da papa Francesco al mondo carcerario (nel suo pontificato ha visitato una ventina di istituti in tutto il mondo), ha sottolineato come “talvolta l’arte viene considerata un lusso destinato al godimento di pochi. Invece l’arte porta in sé un desiderio più grande: vuole pensare e specchiare la condizione umana di tutti; vuole sorprendere per la sua straordinaria capacità di interessarsi di tutto quello che è umano. Per questo, sono importantissime le esperienze che portano la produzione artistica contemporanea in luoghi sensibili dell’esistenza, dove si toccano con mano le nude domande. Le carceri sono luoghi così. L’arte può essere voce e volto dei drammi che rimangono di solito invisibili e può rendere le società più consapevoli della loro altissima responsabilità, che è sempre una responsabilità che ci obbliga ad una cittadinanza attiva e condivisa".
Per questo l’arte contemporanea accompagnerà durante il Giubileo i detenuti e le comunità delle carceri con un ulteriore progetto: in analogia con la porta artistica realizzata a Rebibbia, in diverse carceri in Italia e nel mondo saranno aperte alcune “Porte della Speranza”, installazioni affidate ad altrettanti artisti di fama internazionale che in dialogo e in collaborazione con i detenuti realizzeranno queste opere da collocare fuori dai penitenziari, visibili in questo modo alla città e offerte non solo agli appassionati d’arte ma all’opinione pubblica. Il progetto è stato affidato alla curatela di Davide Rampello: “Il carcere è a volte considerato un luogo abbandonato dalla speranza: luogo dis-sperato. Aprire ai valori della speranza la ragione, il cuore è indicare una meta, riproporre un progetto di vita. Vogliamo affidare questo delicatissimo compito alla sensibilità, alla cura di artisti che condivideranno con noi questa missione, affinché ne facciano movimento, manifesto, affinché la forza del vero, del giusto, del buono, del bello diventi opera d'arte, concreta bellezza”.
L’impegno messo in campo dal Dicastero appare davvero come una risposta e una restituzione delle indicazioni offerte da papa Francesco nell’incontro con gli artisti del 23 giugno 2023 nella cappella Sistina. Un impegno articolato in un dialogo diretto, in cui gli artisti sono chiamati anche a offrire un contributo di visione nei momenti di dibattito della Chiesa stessa. Se a questo punto è davvero lecito parlare di una nuova committenza, bisognerà riconoscere che non è come molti avrebbero pensato o voluto. C’è ben poco di autocelebrativo in queste iniziative, in gran parte tra l’altro di natura effimera: nessun monumento più duraturo del bronzo. Eppure chiaramente pensate per avere una durata incidendo nella profondità della vita. Come spiegava il cardinale Tolentino de Mendonça presentando il piano per il Giubileo, “l’importante è credere tutti che la trasformazione – la nostra e quella del mondo – sia possibile. Anche se è ardua e dolorosa, è possibile. Quando guardiamo e ci lasciamo guardare come fratelli, avviene questo grande miracolo che è la comune tessitura della speranza”.

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