«Che gioia ritrovare la voglia di scrivere. Temevo di averla persa». Fabio Concato introduce così il suo ritorno ad un album inedito (
Tutto qua, 11 pezzi, anche Lp) che non è un ritorno "normale". Perché undici anni sono tanti, perché tante faccende Concato ha vissuto in questi anni. Alcune sono note: dai Cd mai distribuiti alla scelta «di far sempre musica ma fuori dai riflettori. Per pensare a me, ai miei, per vivere senza paura di venire dimenticato. Anzi, non m’importava proprio: prima l’uomo, poi l’artista». Altre faccende sono cronaca, come l’esclusione da Sanremo: vi sarebbe andato con
Non smetto di aspettarti (pezzo di gran classe) ma… «A novembre mi dissero: "Saprai a brevissimo". Beh, ho saputo 50 minuti prima dell’annuncio ufficiale, tramite… un sms di Morandi e Mazzi. L’esclusione vabbé, ma il metodo...». E altre cose non secondarie Concato le canta («
L’altro di me è la mia storia: la fatica di ritrovare serenità, ridare voce alla mia parte buona e mettere a tacere la rabbia») e le spiega. «Sì, ho avuto la sindrome da foglio bianco. Ma non volevo ingannare la gente con cover. Volevo tornare avendo cose da dire. La molla è scattata con un aiuto: terapeuta, guida spirituale? Non ve lo dico. È qualcuno che mi ha aiutato a individuare quanto mi bloccava fino a farmi scrivere il Cd in un mese. Con urgenze ed emergenze da gridare». Così che
Tutto qua è struggente e sferzante, il sentimento in esso dà umanità a denunce sociali e spessore a dichiarazioni di valori. Esempi? «
Il filo che canta la responsabilità, solo noi possiamo scegliere tra vivere e arrenderci»;
Carlo che sorride che ricorda il tastierista Gargioni morto 45enne di leucemia fulminante «perché chi l’ha detto che non si canta la morte, che la gente se ne frega?»;
Sant’Anna (di Stazzema), «un omaggio a vecchi e bambini uccisi dai nazisti, partendo da quanto mi raccontò un anziano». Sino alla toccante
Un trenino nel petto («Che osa dire dell’amare e del sognare anche a cinquant’anni») e al brano che dà il titolo al Cd fra mancanza di lavoro, emigrazione, razzismo, disperazione: perché – Concato canta – «c’è un’umanità da proteggere», perché – Concato dice – «vorrei contribuire a rimettere l’uomo al centro. Fingiamo di non vedere troppe cose, giudichiamo con la roncola, ma dove andiamo così? Non chiedo rivoluzioni, ma almeno proviamo a cambiare il nostro modo di guardare». Certo il Concato 2012, in attesa di tour e libro, è anche imprenditore che osa nuove tecnologie (la cover è un QR-Code con cui ci si "iscrive" a futuri contenuti inediti, e una card nel Cd regala cinque hit scaricabili gratis), ma il suo ritorno no, non è un ritorno "normale". Non lo è se canta che senza passione siamo finiti, che solo amare dà senso, che vivessimo davvero saremmo tutti "parte del cielo". Il centro di questo ritorno è musica a misura nostra. A misura d’uomo. E in fondo Concato avrebbe potuto fare "evento", della sua rentrée, invece ha scelto un’altra strada. Quella, chissà, per cui l’avevano emarginato, quella per cui la sua musica pulita che spinge a guardarci dentro ci è mancata così tanto in questi anni di pop sempre più trash, anzi: feroce. Se di noi non parla mai davvero.