
Il tecnico della Carrarese Antonio Calabro dietro a papa Francesco incontrato in Vaticano con la la squadra, il vescovo di Carrara monsignor Mario Vaccaro e don Leo Biancalani
«Antonio Calabro è il mister umanamente più puro e spirituale che abbia mai incontrato. E badate, fino ad oggi di mister e gente di calcio ne ho conosciuta parecchia. Avevo pure fondato la Nazionale dei sacerdoti con ct quel “mangiapreti” di Renzaccio Ulivieri…». Encomio, sorridente, per il tecnico della Carrarese Antonio Calabro che arriva direttamente dal pulpito dalla chiesa della Madonna del Cavatore (zona Stadio dei Marmi), dal parroco don Leonardo Biancalani, per tutti i carrarini “don Leo”. Antonio Calabro, classe 1976, vanta trascorsi nelle giovanili della Lazio Primavera di Mimmo Caso, «centrale difensivo con al mio fianco Alessandro Nesta che faceva il terzino sinistro, un fenomeno già a 16 anni. Alessandro è arrivato sul tetto del mondo con il Milan e la Nazionale, io a volte quando ripenso a quell’unica panchina, convocato da Dino Zoff assieme a Gascoigne, Doll, Casiraghi e Signori… per il derby con la Roma (finì 1-1), mi sembra di aver vissuto come dentro a un film che è durato 90 minuti. Ma va bene così». Racconta Calabro che nella capitale all’ombra del Cupolone, «dove sono tornato l’anno scorso assieme a don Leo e la Carrarese in visita a papa Francesco », c’era arrivato dal Casarano del genius loci Pantaleo Corvino, ds di lungo corso, tornato anche lui a casa a fare le fortune del Lecce dopo aver fatto quelle della Fiorentina. «Corvino per me rappresenta un primo padre calcistico e un secondo padre nella vita», dice emozionato Calabro che da difensore è arrivato a giocare in B nel Castel di Sangro dell’allora patron Gabriele Gravina, attuale presidente della Figc.
Da tecnico vanta quattro promozioni, di cui tre di fila ottenute con il Gallipoli e la Virtus Francavilla. Infine, la passata stagione quella storica con la Carrarese. Dopo la parentesi in B con il Carpi è riuscito nell’impresa: ha riportato la Carrarese tra i cadetti dove mancava da 76 anni. Un mezzo miracolo, come quelli che a volte gli sono capitati nella vita di tutti i giorni che è fatta di calcio, amore per la famiglia e soprattutto di una fede incrollabile, a cominciare da quella per Padre Pio. « La devozione a Padre Pio è iniziata quando giocavo a Manfredonia. Ogni due settimane andavo a San Giovanni Rotondo e ieri come oggi vado sempre a pregare alla chiesa vecchia, oppure alla sua chiesa a San Marco in Lamis, perché è lì che ritrovo il Santo». Il pellegrinaggio a San Giovanni Rotondo non si è mai interrotto e un piccolo miracolo c’è stato davvero in casa Calabro. « La mia seconda figlia era nata con una malformazione e i medici dissero che dovevano operarla alla testa ma io e mia moglie eravamo dubbiosi sull’intervento chirurgico. Giorni di incertezza che vivevamo molto male. Poi un giorno ero in ritiro precampionato, apro un cassetto e trovo una coccinella che prendo tra le mani. In quello stesso istante mia moglie che era al mare a Torre dell’Orso, vede una coccinella che gli sale sul braccio… Alla sera, con stupore ci siamo raccontati l’episodio e abbiamo preso la decisione: opereremo la bambina. L’intervento andò bene e quando tornammo a San Giovanni Rotondo per ringraziare Padre Pio era novembre, faceva freddo, e mentre ero in macchina con la bambina aprì appena il finestrino per spannare il lunotto: da quella fessura entrò una coccinella che si è appoggiata sul volante… Io so, che il Santo ci stava dicendo ancora una volta: “Ci sono, va tutto bene”. Quella presenza non ci abbandona mai». Mister Calabro vive con questa certezza nel cuore.
"Il linguaggio biblico arriva al cuore dei ragazzi. Questa generazione è fragile, ma studia e si impegna"
«Questa generazione è fragile, a volte si affida troppo ai mental coach i quali si approfittano della debolezza dell’atleta che vedono solo come cliente. Invece basterebbe pregare e avere la pazienza di ascoltare quei discorsi che un tempo sapevano fare certi nonni pieni di saggezza. Un giovane calciatore deve imparare a lavorare su sé stesso, leggendo, informandosi. Rispetto alla mia generazione adesso vanno all’università, solo nell’ultimo anno alla Carrarese abbiamo avuto tre laureati – continua Calabro - . I social li distraggono troppo? Non sempre, il più delle volte li aiutano a crearsi degli interessi extracalcio. Io ad esempio grazie ai social ho scoperto Seneca e alla mia età penso di avere la giusta maturità per leggere e comprendere a pieno la sua filosofia». “Il saggio non dice mai tutto quello che pensa, ma sempre ciò che conviene dire”, è una delle massime di Seneca che mister Calabro ha fatto sua. Ma se in campo sente bestemmiare non le manda mai a dire.
"Mi piace confrontarmi con don Leo Biancalani e il vescovo di Carrara Mario Vaccaro"
«Dopo i primi allenamenti a Carrara pensavo di mettere delle multe da 5 euro a bestemmia. Posso assicurare che avremmo tirato su anche 5060 euro a seduta, poi però parlando, i ragazzi hanno capito e si sono autodisciplinati. In partita ancora qualche bestemmia, per lo più dagli avversari, dalla panchina la sento, ma c’è l’arbitro come deterrente che può tirare fuori il cartellino rosso e amen». Parole che incantano don Leo che a Marassi per Samp-Carrarese era in tribuna con un altro tifoso speciale di mister Calabro, il vescovo di Massa Carrara- Pontremoli monsignor Mario Vaccari. « Mi piace confrontarmi con il nostro vescovo Vaccari e mensilmente vado alla parrocchia di don Leo per incontrare i suoi ragazzi dell’oratorio. A Melendugno, il mio paese, sono cresciuto all’oratorio e adesso quando ci torno passo le serate con il mio parroco, don Salvatore Scardino. Ai ragazzi dico sempre che il calcio non è tutto. Vincere un campionato di C o salvarci con la Carrarese in questa stagione, è importante ma la gioia che riesci a trasmettere agli altri con le tue azioni è qualcosa che non ha prezzo. È l’insegnamento che mi viene dalla mia terra. Quando dopo Francavilla sono rimasto sei mesi fermo senza squadra, ho fatto il “Cincinnato” nella mia campagna davanti al mare. Allenare in fondo è un po’ come coltivare la terra, devi pulirla, ararla e poi dopo la semina aspettare con pazienza il raccolto. La serenità dell’anima la trovo anche passando da un campo di gioco al mio campo da coltivare. La Bibbia insegna anche ad avere pazienza ed aspettare che maturino i frutti del nostro lavoro».