Il Castello di Rambouillet restaurato ospita ora una mostra sull’uso che se ne fece negli anni ’50 - Laurent Gueneau - CMN
Dietro la storia ufficiale delle relazioni internazionali, fatta di protocolli cerimoniali, negoziati e trattati, ve n’è un’altra: quella ufficiosa o semisegreta, nella quale ciascun governo esercita pure un proprio soft power. Su questo versante, nel caso francese, tanto hanno contato anche le penne iridescenti dei fagiani e le scale a chiocciola verso camere da letto da sogno con vista su incantevoli bacini d’acqua fra i boschi. Per comprenderlo, occorre recarsi al castello di Rambouillet, il sito patrimoniale transalpino più chiacchierato di questa diplomazia confidenziale, pronto a schiudere lo scrigno di molti segreti. Una scelta del presidente Emmanuel Macron, che ha restituito alle visite pubbliche questa residenza a lungo strettamente a disposizione dell’Eliseo, soprattutto per ospitarvi le personalità più in vista o influenti, da Elisabetta II a Nelson Mandela.
Soprannominato talora «l’altra Versailles », anche perché non lontano dalla celeberrima reggia, il castello di Rambouillet ha accolto nella sua lunga storia pure qualche evento diplomatico famoso: fra il 15 e il 18 novembre 1975, vi si tenne il primo G6, con l’allora presidente Valéry Giscard d’Estaing nei panni di padrone di casa circondato da Aldo Moro, dal presidente americano Gerald Ford, dal cancelliere Helmut Schmidt, dal premier giapponese Takeo Miki e da quello britannico Harold Wilson. In quell’occasione, l’appartamento più confortevole toccò a Ford, che ottenne di poter restare in contatto costante con la Casa Bianca. Per Moro, l’appartamento in stile Impero. Al collega nipponico, quello blu dell’ala Luigi XVI. Nondimeno, la leggenda di Rambouillet si è costruita soprattutto attorno a ciò che le cronache e le telecamere non hanno mai potuto registrare. La suite più prestigiosa, su due piani, dispone di una scala a chiocciola verso un’ampia camera da letto panoramica ricavata in una delle torrette.
Il Bagno dell’appartamento di Napoleone - © Benjamin Gavaudo / CMN
Ma secondo quanto si racconta, la regnante britannica Elisabetta II avrebbe rifiutato categoricamente di dormirvi, ben poco ispirata dalle ricostruzioni storiche secondo cui proprio lì morì, nel marzo 1547, il celebre sovrano francese capetingio Francesco I. Fra i retroscena politici più rivelatori, tanti riguardano il parco alberato circostante, dotato di un grande bacino a forma di tridente, così come di una fagianaia ad hoc. In proposito, in effetti, i vertici francesi hanno perpetuato anche in tempi recenti la pratica delle battute di caccia al fagiano, proposte soprattutto ai capi di Stato e governo ospiti, fra cui non pochi controversi leader africani, come il dittatore Muammar Gheddafi. Un modo abile per regalare l’esperienza di calarsi nell’atmosfera di una certa Francia aristocratica, così com’è stata raffigurata da generazioni di pittori di corte. Se le strade di Parigi possono far pensare ancora al sangue e agli sconvolgimenti rivoluzionari, le sale e il vastissimo parco di Rambouillet, che dalla capitale dista una cinquantina di km, simboleggiano l’esatto contrario: l’intimità impenetrabile di ex regnanti, imperatori e presidenti.
Un contesto diverso pure da Versailles, luogo simbolo della teatrale e movimentata vita di corte. Per la sua confidenzialità quasi proverbiale, il castello di Rambouillet è stato spesso un luogo carissimo ai grandi di Francia. Fra loro, pure Napoleone Bonaparte, del quale è visitabile l’ala preferita, restaurata e arredata con la mobilia amata dall’imperatore, compreso un poggiapiedi specificamente concepito su sua richiesta per permettergli di togliere agevolmente gli stivali. Molto spettacolare il bagno coloratissimo, decorato con paesaggi che raffigurano anche celebri scorci italiani. «Questa riapertura rappresenta il primo stadio di un progetto che richiederà diversi anni», ci spiega Isabelle de Gourcuff, l’attuale ammini-stratrice. Fra tracce, simboli e decorazioni risalenti a epoche diverse, il castello di Rambouillet assomiglia a un grande mosaico. Anche le aree a lungo riservate ai capi dell’Eliseo sono state talora nuovamente arredate con i mobili nello stile da loro preferito. In modo sorprendente, un’ampia ala ha persino conservato il design e il lusso tipici dei primi transatlantici del secolo scorso.
Il Salone di rappresentanza - © Benjamin Gavaudo / CMN
Per molti presidenti, il castello ha rappresentato al contempo un luogo di ristoro e di lavoro libero dalla rigida etichetta cerimoniale in vigore a Parigi. Lo si comprende anche da titolo di una mostra appena inaugurata e visitabile fino al prossimo 21 aprile, “Rambouillet 1950, nell’intimità del presidente”. Il capo dell’Eliseo in questione, Vincent Auriol, appartenne alla breve Quarta Repubblica, che chiuse i battenti nel 1958, su decisione di un certo Charles de Gaulle, padre dell’assetto costituzionale oggi in vigore. In carica fra il 1947 e il 1954, Auriol rientra fra i presidenti patiti di Rambouillet, come dimostrano i non pochi rifacimenti da lui richiesti, con l’arrivo pure di una mobilia dagli accenti modernisti commissionata ai più noti decoratori dell’epoca, nuovamente esposta per la mostra. Sotto Auriol, le sedute di lavoro in sede distaccata si alternavano alle battute di caccia o pesca, anche al fianco d’illustri ospiti, come testimoniano alcune delle foto esposte. La visita della dimora spinge inevitabilmente a chiedersi quale sia il comune denominatore della passione per Rambouillet di figure tanto lontane come Francesco I, al potere fra il 1515 e il 1547, Luigi XVI, il giovane sovrano ghigliottinato più di due secoli dopo nella congerie della Rivoluzione, il già citato Napoleone I Bonaparte, che scelse di passare a Rambouillet pure la notte memorabile del 29 giugno 1815, ovvero l’ultima prima di partire per il definitivo esilio a Sant’Elena, o ancora un presidente novecentesco europeista come Valéry Giscard d’Estaing, all’Eliseo per un settennato fino al 1981, quando passò il testimone al socialista François Mitterrand.
La Latteria della Regina - © Colombe Clier / CMN
L’interrogativo è in fondo probabilmente il cuore stesso del fascino unico del luogo, che può apparire come lo specchio di un certo modo francese di concepire il potere. Fra questi caratteri anche la necessaria connessione con quella ruralità geograficamente così pregnante in Francia. Fra i luoghi del parco, spicca l’elegante “Latteria della regina”, tempietto commissionato da Maria Antonietta negli anni precedenti alla Rivoluzione. La regina, facendo decorare Rambouillet, «lanciò una moda all’insegna di un ritorno al mondo antico, ispirata dalle scoperte archeologiche fatte in Grecia e in Italia», ci spiega Gabriel Wick, curatore dei nuovi spazi e allestimenti esplicativi. Fra retroscena storici d’ogni tipo e contrasti di stile, il castello non smetterà certamente d’affascinare.