La storia di Baby S. e di sua mamma naturale Crystal Kelley ha fatto il giro del mondo diventando l’emblema della matassa di sentimenti, problemi e aspettative attorno a una gravidanza surrogata.Un paio d’anni fa Crystal, 29enne, ha deciso di affittare il suo utero. La donna del Connecticut ha due figlie, nessun marito e aveva appena perso il lavoro. Una gravidanza surrogata le avrebbe portato in tasca 22mila dollari. La coppia che l’ha contattata aveva già tre figli, concepiti in provetta, e ne desiderava un quarto, che non arrivava. Crystal ha firmato un contratto e, quando l’embrione congelato della coppia è stato impiantato nel suo ventre, ha cominciato a ricevere pagamenti mensili regolari, oltre a telefonate, email e regali. Fino al quinto mese. Quando l’ecografia della ventesima settimana ha mostrato anomalie del feto il tono della madre legale della piccola che Crystal portava in seno è cambiato repentinamente. La bambina era senza palato e aveva il labbro leporino. Mostrava difetti cardiaci e una cisti nel cervello. Un secondo sonogramma ha confermato le malformazioni, con la previsione che la piccola avrebbe avuto «il 25% delle probabilità di condurre una vita normale». La decisione della coppia è stata comunicata a Crystal non di persona, ma tramite una neonatologa: abortire. I due hanno spiegato di non voler sottoporre la neonata a una serie di difficili operazioni, denunciando anche di sentirsi defraudati dei loro diritti contrattuali. Avevano scelto una madre surrogata, hanno scritto, per «minimizzare il rischio di difetti e di sofferenza per il bambino». Ma Crystal ha detto di no. E ha messo in moto un caso legalmente e umanamente tormentoso e complicato, con al centro il diritto di una bambina di nascere contro quello (presunto) di un uomo e una donna di comprare un neonato sano da una sconosciuta. In realtà la coppia non poteva costringere Crystal a interrompere la gravidanza (la parte del contratto che lo affermava non è legalmente difendibile) ma ha comunque minacciato di denunciarla per danni, offrendole poi altri 10mila dollari. Quando Crystal ha insistito di voler far nascere la bambina, spiegando di «sentire un legame profondo con lei», i genitori hanno chiesto di affidare la neonata ai servizi sociali. Ma neanche questo poteva andar bene alla quasi mamma. Che è fuggita, rifugiandosi in Michigan, dove la legge vieta la maternità surrogata e dove ha trovato un gruppo di sostegno per future madri di bambini disabili. Fra le famiglie che l’hanno aiutata, Crystal, che sapeva di non poter mantenere un’altra bambina, ha trovato una coppia che si è offerta di adottare Baby S. La bambina è nata con tutti i problemi previsti. Nei primi otto mesi ha subìto due operazioni, e altre sono all’orizzonte. Nel frattempo i genitori genetici della bambina (ma si è scoperto che l’ovulo era stato comprato a una banca dei gameti) hanno rinunciato alla loro potestà, e sono andati a trovare più volte Baby S. I genitori adottivi della piccola e Crystal sanno che la sua vita è appesa a un filo, ma ne godono ogni sorriso, ogni progresso, ogni sguardo pieno di vita. E Crystal non ha dubbi «Non importa quello che diceva quel contratto: quando S. è stata messa dentro di me, io sono diventata la sua mamma».