Sindacati sul piede di guerra l'idea del premier Renzi di mettere in busta paga metà del trattamento di fine rapporto. Sulla carta un'idea per far ripartitre i consumi (che segue il famigerato bonus di 80 euro) ma che non riscuote consensi né da parte delle imprese, che si ritroverebbero sul lastrico perché quei soldi destinati ai lavoratori che vanno in pensione in genere li investono nel proprio business, né da parte dei sindacati che accusano il governo di giocare sulla pelle dei lavoratori. "Nessuno dica che si stanno aumentando i salari dei lavoratori: quelli sono soldi dei lavoratori, frutto di contratti e della contrattazione non è un'elargizione di nessun governo e non è un nuovo bonus": ha detto il segretario generale della Cgil,
Susanna Camusso. Tema sul quale, spiega ancora Camusso si pongono tre problemi di valutazione. Vogliamo capire tre cose molte precise: la prima è se diventa un aumento della tassazione per i lavoratori e si mantengono regimi differenti di tassazione; la seconda questione è se il Tfr è investito nella previdenza, terza questione la libertà di decidere da parte del lavoratore. ll successore designato di Raffaele Bonanni alla guida della Cisl,
Anna Maria Furlan, boccia l'ipotesi, dicendo "basta" alle "speculazioni sul lavoro". Furlan fa notare che il Trattamento di fine rapporto è a norme vigenti meno tassato dello stipendio e ha chiarito che si vuole evitare che "i lavoratori paghino più tasse anche su quello". Mettere parte del tfr nella busta paga dei lavoratori "non è la strada giusta" anche secondo la Uil. Lo ha affermato il segretario generale del sindacato,
Luigi Angeletti: "Capisco il bisogno di dare qualche euro in più nelle tasche dei lavoratori per aumentare i consumi, ma questa - ha detto - non è la strada giusta. Bisogna abbassare le tasse sul lavoro".