Una faccenda da prendere con le molle, ma comunque finalmente da prendere e senza lasciar passare altro tempo. Come sanno per primi i parlamentari in commissione Industria, commercio e turismo della Camera, dove cioè dovranno cominciare a occuparsene. Non fosse soltanto perché – e lo lasciano intendere tutti – si può individuare almeno una via di mezzo tra le indiscriminate aperture domenicali degli esercizi commerciali e la completa chiusura.«Sicuramente è un argomento sollecitato da più parti», appunto la chiusura domenicale dei negozi, spiega Ignazio Abrignani del Pdl, vicepresidente della Commissione: «Vedremo di tutelare la famiglia e i suoi tempi nelle festività, che per noi resta nucleo fondamentale, ma anche di trovare una soluzione per i commercianti, perché non possiamo ignorare la crisi attuale e la concorrenza europea».Una convinzione simile parrebbe regnare anche sull’altra sponda governativa: «È evidente che dopo la completa liberalizzazione delle aperture domenicali esista un certo stato di malessere», sottolinea Gianluca Benamati, il capogruppo del Pd in Commissione. Così, dopo la presentazione ieri mattina delle firme in calce alla proposta di legge d’iniziativa popolare per chiudere domenicalmente gli esercizi commerciali, tutti sembrano (più o meno) in sintonia: «Va trovata una soluzione – continua Benamati – che regoli la concorrenza fra piccoli e medi e grandi esercizi, ma anche che non penalizzi e che tuteli i lavoratori e le loro famiglie».Un appello per la veloce calendarizzazione dell’esame della proposta arriva poi dal M5S, che ha già depositato un mese fa un analogo disegno di legge per la regolamentazione delle aperture domenicali (sottoscritta anche da qualche deputato Pd): «Siamo tutti concordi nel Movimento, ne abbiamo parlato nelle ultime settimane dopo aver raccolto le richieste dei vari comitati locali in tutta Italia – fa sapere Michele Dell’Orco, membro della commissione –. Naturalmente non sappiamo quando avverrà la calendarizzazione e ci batteremo perché sia presto, vedremo gli sviluppi nei prossimi giorni». Sperando che «su questa battaglia il consenso si allarghi sempre di più». Con una soluzione possibile, ad esempio – conclude Dell’Orco – «un meccanismo di rotazione, un massimo di dodici o tredici aperture annuali nelle festività, meccanismo gestito dagli enti locali».Un principio dal quale parte poi la Lega Nord è che, in un momento di pesante crisi, «un provvedimento liberista come fu quello di Monti (per le aperture libere domenicali, <+corsivo>ndr<+tondo>) non modifica la capacità di spesa, che quella è e quella resta – annota il leghista Sergio Divina, che nella precedente legislatura era presidente della commissione straordinaria sui prezzi –, ma aumenta solo la crescita dei costi aziendali e crea sperequazione fra le organizzazioni di vendita», con la conseguenza che «qualcuno resisterà, ma le piccole non ce la faranno». La ricetta della Lega è «tornare a dare a Regioni e Comuni la competenza sulle facoltà di apertura».