Nel nome della «sacralità» della Costituzione, c’è un largo fronte parlamentare che intravede l’opportunità di infliggere un primo schiaffo a Matteo Renzi. Il fronte va ben oltre la pattuglia del «no» alla riforma del Senato che, nel bene o nel male, combatte la sua battaglia a viso aperto.
Ieri al premier sono giunti segnali assolutamente trasversali. Ncd che torna a parlare di elettività dei senatori. Forza Italia che non digerisce i ritmi forzati e le sedute notturne a Palazzo Madama per chiudere la riforma entro la pausa di Ferragosto. Autorevoli esponenti del Pd, come Rosy Bindi, che si schierano nettamente contro l’ipotesi della ghigliottina. La Lega che ogni giorno taglia e ricuce la corda del dialogo. Nessuno di loro è contrario al superamento del bicameralismo perfetto. Allo stesso tempo, però, nessuno di loro è disposto a rispettare incondizionatamente la deadline fissata da Renzi.
La partita è più complicata di quanto sembri. Rinviare a settembre significa spingere l’ex sindaco di Firenze verso il pantano che ha sempre cercato di rifuggire, indebolendone l’immagine. Una cosa che non può dispiacere né a Berlusconi né ad Alfano né alla Lega impegnati nella riforndazione del centrodestra, né a settori del Pd ancora acciaccati dall’ascesa del rottamatore.
Il premier deve fare di tutto per evitarlo. E ha due strade. Quella dura, ovvero spingere il suo gruppo parlamentare, dopo il tentativo delle sedute notturne, a chiedere la tagliola delle modifiche. Oppure mettersi a trattare, come fossero due facce della stessa medaglia, alcuni accorgimenti alla riforma del Senato - specie sull’elezione del capo dello Stato - e una profonda ristrutturazione dell’Italicum.
Difficile infatti immaginare che qualcuno favorisca passi avanti sul nuovo bicameralismo senza avere la certezza che la prossima legge elettorale non gli sia "ostile". Lo schema del nuovo Italicum che circolava ieri era così strutturato: soglia d’accesso che scende al 4 per cento, minidiritto di tribuna ai piccoli, soglia per il premio di maggioranza che sale al 40, introduzione delle preferenze eccetto che per il capolista. Una riscrittura del Patto del Nazareno sul quale Renzi dovrebbe convincere Berlusconi, ma che il Cavaliere stesso potrebbe accettare perché tranquillizzerebbe Alfano. L’«iniziativa politica» chiesta a Renzi da settori della maggioranza, in fondo, è questa.