Raffaele Fitto durante l'audizione alla Commissione europea - Ansa
Il filo che unisce i sei vicepresidenti esecutivi scelti da Ursula von der Leyen ancora non è sufficientemente robusto. Così come non è robusta l’alchimia politica che dovrebbe vedere la maggioranza popolari-liberali-socialisti digerire il ruolo forte del conservatore italiano Raffaele Fitto, il quale, in parte, rappresenta anche una “carezza” di VdL alla destra più dura del Parlamento Ue. Contraddizioni note sin da principio e che emergono a 100 metri dalla linea di arrivo, anche per via dello scontro tutto italiano tra Fratelli d’Italia e Partito democratico, che vedono cadere il voto su Fitto a pochi giorni dalle elezioni in Umbria ed Emilia Romagna, quest’ultima “iconica” sia a sinistra che a destra. Ma lo stallo è più ampio, va oltre Roma e riguarda anche il profilo della socialista spagnola Ribera.
All’orizzonte un rinvio che potrebbe essere provvidenziale sia in via generale sia per Meloni sia per Schlein: dopo le regionali resistenze e veti potrebbero ammorbidirsi così come potrebbe ridursi l’“imbarazzo” di stare, a Bruxelles, dalla stessa parte (o quasi) della barricata.
I fatti della giornata, innanzitutto. I microfoni vanno a cercare i big del Pd per sapere le loro impressioni sull’audizione di Fitto. I vertici dell’eurogruppo dem, Zingaretti e Bonaccini, restano sotto coperta. Parlano due pezzi da novanta, Brando Benifei e Dario Nardella, che si lanciano in un complesso “nì”: in sostanza l’audizione non la considerano malvagia, ma il problema sarebbe la vicepresidenza esecutiva attribuita a un rappresentante di Ecr, dei Conservatori europei. Così come è un problema per i dem condividere un parere positivo su Fitto insieme ai sovranisti tedeschi di Afd.
Quella di Benifei e Nardella è una posizione d’attesa, nel mezzo delle divisioni dem. Perché a sentire un “mister preferenze” del Pd come Raffaele Topo, proveniente dalla stessa scuola democristiana di Fitto, sulla nomina del ministro a Bruxelles ci sarebbe poco da discutere. E come scelgono il silenzio prudente i vertici del Pd a Strasburgo, così aspettano gli eventi i componenti dell’ala più radicale del gruppo, che però sembra rivedersi nella posizione espressa da Roma da Andrea Orlando, secondo cui per il Pd votare Fitto sarebbe un po’ come tradire il percorso iniziato con Elly Schlein.
Alle reazioni stizzite degli eurodeputati di Fratelli d’Italia si aggiunge, in serata, l’esternazione dura della premier Giorgia Meloni in persona. La presidente del Consiglio elogia Fitto e rimarca «l’apprezzamento di moltissimi presenti di diverse famiglie politiche», compresi «alcuni esponenti della sinistra italiana».
Data la premessa, parte da Palazzo Chigi un messaggio a Elly Schlein: «Trovo perciò inconcepibile - dice Meloni - che alcuni esponenti del Pd chiedano adesso di togliere al commissario italiano designato la vicepresidenza esecutiva della Commissione Europea. Vorrei sapere dalla segretaria del Pd se questa è la sua posizione ufficiale».
La premier fa valere le sue ragioni, dice che «sottrarre all’Italia una posizione apicale» significa «mettere il proprio partito davanti all’interesse collettivo», ma nemmeno a Meloni sfuggirà l’impasse causato dalla campagna elettorale emiliano-romagnola, che nello scorso fine settimana si è incendiata su «zecche rosse» e «camicie nere».
Il rapporto tra Meloni e Schlein si è dimostrato solido in diversi passaggi politici e istituzionali, dal “no” al terzo mandato alla politica estera, ma il voto su Fitto cade in un momento elettorale quasi decisivo per la segretaria dem.
E anche FdI certo non rinuncia alla possibilità di evidenziare le contraddizioni dem. Quando Carlo Fidanza, capodelegazione dei meloniani al Parlamento Ue, annuncia che alla fine «FdI sarà favorevole» alla Commissione Von der Leyen, butta altro fumo negli occhi del Pd.
E poco importa che gli eurodeputati di Avs e M5s apertamente contrari a Fitto facciano notare le «piroette» di FdI su Von der Leyen: la diatriba è soprattutto una faccenda a due tra Meloni e Schlein con vista sull’Emilia Romagna. Poi, da lunedì, inizieranno altri discorsi.