Susanna Camusso rilancia il tema del lavoro come centrale per la ripresa dell’economia e chiama Pier Luigi Bersani e Nichi Vendola a fare scudo alla Cgil dopo le accuse lanciate da Monti al sindacato che «resiste alle riforme». «Basta cercare nemici, serve rispetto», risponde al premier senza nominarlo il segretario generale dal palco della conferenza programmatica dove sottolinea che il lavoro è «pane e dignità» e presenta un maxi-piano a sostegno dell’occupazione rilanciando «l’intervento pubblico che «non è una bestemmia né un pericolo sovversivo, ma l’unico modo di portare il Paese fuori dalle secche della recessione». Secondo il leader della Cgil bisogna «chiudere l’epoca delle politiche liberiste che insieme al rigore e all’ossessione del debito hanno lasciato solo macerie». La mancanza di lavoro «produce un vuoto, corrode, cancella la dignità e condanna un Paese al degrado e al declino. Per questo creare e difendere lavoro è l’unica premessa credibile di una proposta per uscire dalla crisi», scandisce la numero uno del maggiore sindacato auspicando che dalle urne esca un governo «che sappia e voglia scegliere».A partire dal tema occupazione la Cgil spinge i leader della coalizione di centrosinistra Bersani e Vendola, chiamati a intervenire alla conferenza, a ricompattarsi su una sempre più netta presa di distanza da Monti. Il leader di Sel non si tira certo indietro: parla di un «inquietante assalto ai sindacati» e dipinge il premier Monti come un «Grillo con il loden» che lancia accuse a tutti «mentre la verità è che la destra ha avuto l’egemonia per un ventennio» e se ora il capo del governo apre al Pdl «va dove lo porta il cuore». Bersani è più felpato nei toni ma non perde l’occasione per replicare alle critiche del premier: «Problemi risolti? Sono sorpreso che lo dica chi ha governato e dovrebbe sapere che invece, dagli ammortizzatori sociali agli esodati, non siamo a posto». «Coesione sociale e cambiamento» non sono in contraddizione, aggiunge, ed è «sbagliato pensare che «il sindacato sia di impaccio e dividere tra buoni e cattivi». Per Bersani l’austerità e il rigore sono «una condizione ma non l’obiettivo» della politica economica che restano invece il lavoro e la crescita. Il leader del centrosinistra dice di condividere «l’analisi della Cgil» e annuncia che se andrà al governo punterà subito ad allentare il patto di stabilità interno per lanciare «assieme ai Comuni un grande piano di piccole opere sul tema delle scuole da sistemare, dell’ambiente, della mobilità urbana» per dare lavoro. Mentre sulle tasse occorre «potenziarne la gradualità a partire dall’Imu» attraverso i proventi della crescita e della lotta all’evasione. Non certo tutto quanto è previsto dal piano Cgil, ma la stessa direzione di marcia. Susanna Camusso sottolinea a sua volta che l’Italia può «uscire dalla crisi se è tutta insieme e non a pezzi». E che il lavoro da incentivare è quello «qualificato, stabile e corredato delle tutele». Aggiunge poi che «il nostro Piano per il lavoro non è il libro dei sogni», bensì una proposta «aperta al contributo e al confronto». Ma dal centro dello schieramento politico arriva un secco altolà: secondo Carlo Calenda e Marco Simoni, esponenti della montiana Scelta Civica, il piano Cgil è «triste», perché propone misure che porterebbero a un nuovo aumento della spesa pubblica, e «grave» perché «chiarisce il pensiero di chi potrebbe essere l’azionista di maggiornza di un eventuale governo Pd-Sel». Intanto da Firenze il ministro del Lavoro Elsa Fornero definisce «una scommessa» la riforma varata e ammette: «Non so se funzionerà».