Un appello con molti precedenti e un senso di urgenza che si fa più intenso e più circostanziato nell’attuale eccezionale fase della vita del Paese (e dell’Europa) è stato lanciato ieri dalla voce più alta della Chiesa italiana. Un appello all’unità fattiva e indispensabile di tutte le forze responsabili, alla «rifondazione della politica e delle procedure partecipative», alla cura delle autentiche priorità «dell’economia e del lavoro», alla valorizzazione della famiglia «grembo naturale della vita nella sua inviolabilità, (…) fondamento affidabile della coesione sociale, baluardo educativo dei giovani, vincolo di solidarietà tra generazioni». Un appello che arriva al culmine di un’estate non drammatica come quella del 2011, ma indubitabilmente segnata dall’approfondirsi delle difficoltà per tantissime famiglie italiane e per tutta la nostra comunità nazionale.
È un appello di buona volontà, che risuona in fondo al cammino di consapevolezza e di speranza cristiana che, ieri, ancora una volta, ha condotto Angelo Bagnasco sino al santuario della Madonna della Guardia. Pellegrinaggio consueto per il cardinale arcivescovo di Genova e presidente della Conferenza episcopale italiana, svolto col piglio del pastore e dell’uomo di fede in un periodo caratterizzato da grandi ingiustizie e grandi distrazioni ma purtroppo affrontato con cieche e sussiegose autoreferenzialità ideologiche e con mediocri calcoli di potere da non pochi esponenti della cosiddetta classe dirigente. Un periodo arduo, strano e promettente perché contraddistinto anche da faticose e serie disponibilità a una larga, straordinaria convergenza nell’interesse comune dell’Italia e degli italiani: del resto è proprio su questo, non solo sulla paura del peggio, che da mesi si regge politicamente il governo di Mario Monti. In un contesto così complicato e duro, il presidente della Cei conferma un tratto caratteristico del suo servizio: il costante impegno ad ascoltare le voci e la vita “dal basso” della nostra gente «smarrita e stremata» eppure avveduta ed esigente («La gente non perdonerà a nessuno la poca considerazione verso la famiglia così come la conosciamo: questa è l’Italia! »). E si preoccupa di leggere in modo “alto” ed efficace – perché una volta ancora libero dai contingenti condizionamenti di qualsivoglia partigianeria e interesse – i segni del tempo presente.
Ascoltare e comprendere l’appello caldo e forte risuonato ieri dalle alture genovesi, significa insomma riuscire ad ascoltare in modo nitido anche tutte quelle incalzanti e spesso affannate voci della società italiana che non si rassegnano al declino civile. Voci di quanti – tanti, tantissimi
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non sopportano più i malvezzi dei molti politici e degli altrettanti abitanti dei vari “palazzi” (inclusi quelli mediatici) che fanno di tutto per farsi sentire come ostinatamente e ostentatamente “lontani”. Voci severe e amare, ma che non si abbandonano all’invettiva e ciò nonostante rischiano di essere confuse con l’antipolitica sterile o a essa consegnate.
È una deriva da scongiurare. E da scongiurare adesso, in un momento che è oggettivamente «decisivo». Pure su questo chi ha responsabilità verrà giudicato dalla «storia di domani», ma già da «quella di oggi », che ricorda a tutti Bagnasco, viene appunto scritta dal «sentire della gente».