Perché nelle case americane ci sono così tante armi, perché le usano padri e madri e figli, perché molti s’iscrivono ai poligoni di tiro? Vedo sui giornali molte risposte. Non ne vedo una che credo importante: le armi hanno un fascino. È un fascino maligno, ma pur sempre un fascino. In America, se il padrone di casa ha una pistola, prima che finisca la cena te la mostra. Se il figlio sa dov’è, quand’è solo la prende in mano e ci gioca. Se invece della pistola c’è un fucile, tanto meglio: più fascino, più attrazione, più orgoglio. E non è questione d’ignoranza: anche grandi artisti sentono il fascino maligno delle armi, e difendono il principio della libera vendita. L’arma moltiplica la potenza dell’uomo. L’uomo disarmato è una preda (si dice infatti: "inerme"), l’uomo armato è un predatore. L’arma cambia l’uomo. L’arma è una «fidanzata»: l’istruttore di
Full Metal Jacket insegna alle reclute (marines) a dare al proprio fucile un nome di ragazza. Ogni soldato dà la buonanotte alla propria arma così: «Questo è il mio fucile, ce ne sono tanti come questo, ma questo è il mio». Uomo e arma formano un binomio inscindibile. Dall’arma che uno sceglie puoi dedurre la sua aggressività: nella famiglia americana dov’è nato il ragazzo che ha fatto la strage dei 21 bambini, la madre aveva comprato il fucile Bushmaster, che è un’arma modernissima, in vendita dal 2010. È l’arma del futuro. I civili possono comprarla in versione semiautomatica, che non spara a raffica ma un colpo alla volta, però in rapida sequenza. Ha un caricatore da 30 colpi. Noi europei non comprendiamo come si possa dare ai cittadini, nelle loro case, la possibilità di sparare 30 colpi senza cambiare caricatore. Questi non sono cittadini che cenano, sono soldati in trincea. Il funzionamento semiautomatico rende l’arma micidiale. Il primo fucile semiautomatico degli americani, il Garand, è chiamato «l’arma che ha vinto la seconda guerra mondiale». Finita la guerra, è stato l’arma della Nato, fino a pochi anni fa. I soldati italiani la usavano. Io l’ho usata. Il sottufficiale istruttore lo alzò al cielo esordendo: «Ecco l’arma più bella e più precisa del mondo». È un’arma potente. La si vede nei film di guerra, fino all’Iraq e all’Afghanistan.Questo ragazzo-killer americano trovava in casa anche varie pistole, del modello a tamburo. È un modello ingombrante e pesante, ma ha il vantaggio che non s’inceppa mai: se un colpo non viene sparato, il tamburo ruota comunque e offre il colpo successivo. Con le pistole a caricatore come la nostra Beretta, il colpo che non parte inceppa l’arma. Il killer che esce di casa per una strage, va in missione suicida e non può avere un’arma che s’inceppa. La pistola è altamente imprecisa, a 4 metri sbaglia il bersaglio. Vien definita un’arma da "difesa ravvicinata", in pratica è un "pugnale lungo". Chi esce di casa con la pistola in tasca per uccidere, ha in mente un duello o una serie di duelli, una strage centellinata. Questo killer americano aveva più pistole, quindi pensava di uccidere le vittime una per volta, però tante vittime. E allora qui non c’è soltanto il problema di poter comprare armi, ma anche di poter comprarne "tante". E se hai un fucile, il problema è la gittata (che difesa è, se puoi uccidere a 400 metri?) e dei caricatori da trenta colpi: con 30 colpi non elimini un aggressore, ma tre squadre da 10 banditi l’una. Morale: l’America è armatissima e tuttavia è insicurissima. Respiri l’insicurezza nelle case, nelle strade e negli alberghi. In un albergo di New York scendevo in ascensore dal 15° piano, con me era entrato uno sconosciuto che mi fa: «Bella cravatta», e sorride. «Grazie», dico. «Ho detto: bella cravatta», e si fa cattivo. «Ah!», mi sfilo la cravatta e gliela do. Scusate, voi cos’avreste fatto?