Tre milioni e 400mila famiglie in povertà assoluta, otto milioni e 100mila in povertà relativa. In percentuale sono il 5,2% le une, l’11,1% le altre, le prime in netto aumento rispetto al 4,6% del 2010, le seconde cresciute di uno 0,1 appena. Ma le stime medie, per quanto già di per sé preoccupanti, non rendono la complessità di un Paese che è ormai attraversato da faglie profonde e che rischia ogni giorno di più di lacerarsi.
Sono almeno due, infatti, le direttrici sulle quali ci stiamo dividendo: i giovani e le famiglie con figli. Con un terzo elemento che si innesta in maniera trasversale e rende più forte ogni differenza: la sofferente realtà del Mezzogiorno. Oltre che per i nuclei con genitori operai o che perdono il lavoro, infatti, colpisce il deciso peggioramento della condizione dei giovani. L’incidenza della povertà relativa nelle persone con meno di 34 anni passa dal 10,2 al 10,8%; mentre la povertà assoluta cresce addirittura di un punto dal 4,3 al 5,3%. Siamo ormai assai vicini al valore che caratterizza la popolazione anziana (6%), tradizionalmente la più fragile, quella con meno opportunità.
Ma è in particolare il numero dei componenti la famiglia, l’avere figli, che oggi rappresenta uno dei maggiori fattori di rischio. Le cifre sono impressionanti: con un solo componente la media della povertà relativa in Italia è il 6,7%, sale al 9,4% per la coppia, cresce all’11,7% con un figlio, si impenna al 15,6% con due bambini e si innalza fino al 28,5% quando i figli sono tre o più. Già con tre bambini – non con una nidiata di una dozzina – in quasi un terzo dei casi si rischia di cadere in povertà relativa. Se poi si risiede nel Mezzogiorno, dove le opportunità di lavoro sono più scarse e i servizi pubblici carenti, le cifre si esasperano per tutte le categorie e diventano drammatiche per le famiglie, con una progressione che va dal 22,8% di povertà relativa per chi ha un solo figlio, fino al 50,6% per chi ha tre o più figli minorenni.
Questo è il Paese che si sta lacerando. Nel quale l’essere giovane sembra una condanna da scontare, sperando che 'passi' presto. E desiderare di avere tre figli risulta un azzardo, peggio un’imprudenza imperdonabile, tanto è alta la possibilità di finire in miseria: addirittura una su due al Sud. Ma un Paese così non è solo diviso, slabbrato. È senza futuro, perché togliendo speranza all’oggi non costruisce alcun domani, mortifica qualsiasi entusiasmo. Invecchia e alla fine marcisce in se stesso.
E allora oggi non possiamo limitarci a compulsare i valori dello spread dei Btp e non vedere che nella nostra società stanno allargandosi altre differenze sociali. Non possiamo continuare a ripetere slogan sui giovani, senza predisporre un vero piano per la loro occupazione. Non possiamo pensare di far sempre conto sulle famiglie – che aiutandosi fra i diversi componenti riescono bene o male a coprire tutte le necessità e con i loro risparmi privati salvano pure l’Italia dal default – e poi disconoscere quegli stessi legami quando si tratta di far pagare loro le imposte. Perciò chiediamo da anni un sistema fiscale che riconosca concretamente – tramite l’applicazione di un quoziente o meglio di un 'fattore famiglia' – i diversi pesi di cui una famiglia deve farsi carico nel crescere i figli. Perché possa essere messa nelle condizioni adatte per compiere il primo e più decisivo investimento sociale per un Paese: mettere al mondo ed educare i cittadini di domani. Un’operazione di equità, lungimirante, un’assicurazione contro il rischio, che deve poi essere accompagnata e completata con un intervento specifico per le situazioni di povertà più grave.
La crisi che rende tutto più incerto, la fragilità dei conti pubblici non esimono dal mettere mano a una riforma fiscale, a investimenti a favore delle famiglie e dei soggetti più deboli. Anzi, minori sono le risorse disponibili meglio vanno mirate, più forti e decise devono essere le scelte. Anche spostando l’imposizione dal lavoro alla rendita finanziaria, rivedendo vecchie agevolazioni e rafforzandone di nuove. La povertà cresce, le famiglie si assottigliano e s’indeboliscono: il governo e la politica non possono più sottrarsi a questa responsabilità.