Dai
Versi satanici in poi è sempre stata una battaglia di idee. Di parole scritte e di libri pubblicati, di editori e di giornali. Nel 1989 toccava all’angloindiano Salman Rushdie finire sotto scorta in seguito alla
fatwa pronunciata contro di lui dall’ayatollah Khomeini. Guardato a vista lo scrittore, presidiate dalle forze dell’ordine le sedi delle case editrici che, in tutto il mondo, avevano in catalogo il romanzo che dipingeva con eccessiva disinvoltura la figura del profeta Muhammad. Da ieri un destino analogo riguarda Michel Houellebecq, il più provocatorio fra gli scrittori francesi di oggi, uno che non ha mai fatto sconti alle debolezze e alle illusioni di un Occidente considerato ormai privo di consistenza.Di islam Houellebecq si era già occupato nel fatidico 2001, l’anno dell’attentato alle Torri Gemelle. In
Piattaforma aveva immaginato l’irruzione di un commando di integralisti in un remoto
resort nel quale gli annoiati europei si consumano tra piaceri e tradimenti (Houllebecq non è un autore rassicurante, tanto meno edificante: nei suoi libri la sessualità è spesso rappresentata come una forma estrema di solitudine e di annichilimento). Di islam torna a occuparsi adesso, con un romanzo del quale si parla da settimane e che in Francia è arrivato in libreria proprio ieri, con macabro tempismo. Si intitola
Sottomissione e ipotizza che da qui a una manciata di anni, per la precisione nel 2022, la Francia trovi più conveniente essere governata da un partito di ispirazione islamica. Una formazione apparentemente moderata, che per una serie di concause raccoglie l’appoggio di destra e sinistra, riuscendo così a sistemare all’Eliseo il proprio candidato. L’islamizzazione d’Europa non avviene per effetto della
jihad, ma con un gesto di resa spontanea. Una sottomissione, appunto. Una caricatura di Houllebecq campeggia sulla copertina del numero di "Charlie Hebdo" appena arrivato in edicola, la recensione che si trova all’interno è sostanzialmente elogiativa. Da ieri lo scrittore è protetto dalla polizia, così come Flammarion, la sua casa editrice.
Sottomissione, si diceva, ha suscitato reazioni spesso contrapposte, come spesso accade in questi casi. Per strano che possa apparire, quasi nessuno ha contestato la plausibilità dello scenario descritto nel romanzo. Le critiche si sono orientate piuttosto su questioni di opportunità, risolvendosi a volte in accuse di collateralismo nei confronti del Front National di Marine Le Pen, che nei mesi scorsi si è sempre più confermato come il capofila di uno schieramento europeo di dimensione ragguardevoli. Una corrente di ostilità verso lo straniero in generale (e l’islamico in particolare) che dalla Francia si estende alla Germania, e da lì alla Svezia, ai Paesi scandinavi. Per quanto riguarda Houllebecq, non sono tanto le sue personali convinzioni politiche a essere chiamate in causa, quanto l’uso ideologico che dei suoi libri può essere fatto dall’una o dall’altra parte. Se fino all’altro giorno questa della strumentalizzazione rimaneva un’eventualità, da ieri va ritenuta una drammatica certezza. Ne ha dato tempestiva conferma lo stesso Rushdie, tornando a ripetere la teoria per cui le religioni sarebbero, in sé e per sé, propense a degenerare in strumenti di violenza. Con tutte le sgradevolezze del caso, e senza alcuna pretesa di addomesticare uno scrittore sotto ogni aspetto impervio come Houellebecq, va detto che la tesi di
Sottomissione sembra semmai un’altra: è la crisi dell’Occidente secolarizzato a partorire e alimentare il mostro dell’intolleranza.Oggi, nel giorno del lutto e della desolazione, si farebbe a meno di parlare di romanzi, di idee. Non fosse che è dalle parole che tutto inizia. Non fosse che la battaglia, a questo punto, è dentro i libri, è nelle pagine dei giornali. In Francia, ma non solo in Francia.