martedì 18 marzo 2014
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Ci ricorda di confessarsi regolarmente, di insegnare il segno della Croce ai figli, di ricostruire il giorno del Battesimo, di recitare il Rosario, di andare a Messa ogni domenica senza trascurare la Comunione, di prenderci qualche giorno per gli esercizi spirituali interrompendo il vortice della quotidianità... Di Papa Francesco non si può certo dire che si limiti a enunciare nobili princìpi generali: gli piace scendere nel concreto, esemplificare, chiedere ai presenti a udienze e Angelus se quel che lui propone lo fanno o no. Col suo piglio sorridente e diretto, ti mette spalle al muro: dai o no l’elemosina al povero, toccandolo e guardandolo negli occhi? Preghi davvero? Aiuti il parroco? Nel linguaggio di Bergoglio, la citazione esplicita degli impegni che fanno la vita cristiana non suona pedante: è la fede tradotta in gesti, cioè presa tanto sul serio da intrecciarla alla vita. E se parla – come ha fatto domenica, ben due volte – dell’esigenza di ascoltare il Signore, non sorprende che poi spieghi anche come: ormai le istruzioni per l’uso sono sempre associate ai concetti, impossibile non capire. «Ascoltiamo Gesù nella sua Parola scritta, nel Vangelo. Vi faccio una domanda: voi leggete tutti i giorni un passo del Vangelo?», e già qui non tutti saremmo in grado di guardarlo dritto negli occhi. Ma lui, paterno, incoraggia, spiega che possiamo farcela, suggerisce come agire per convincersi che non è una faccenda da gente fuori dal mondo: «È importante! È una cosa buona avere un piccolo Vangelo, piccolo, e portarlo con noi, in tasca, nella borsa, e leggerne un piccolo passo in qualsiasi momento della giornata. Non è difficile. Sempre il Vangelo con noi, perché è la Parola di Gesù per poterlo ascoltare». In mezzo al rumore di ogni giornata, Gesù ci passa accanto uscendo dalle pagine stropicciate tirate fuori di tasca, ed eccoci tre minuti accanto a Lui nella luce di Betlemme o aggrappati alla roccia del Golgota, sull’erba del Tabor, con i piedi nel lago di Tiberiade, tra gli ulivi del Getsemani, o al pozzo di Sicar a origliare il dialogo con la Samaritana, nelle stradine affollate di Gerusalemme, sui sentieri polverosi della Giudea, nel tumulto di Gerico col cieco che grida, mescolati ad amici e traditori, lebbrosi e dottori della legge, sentendo la carezza della Mamma e gli sputi dei carnefici. È la nostra vita, siamo nati (o ri-nati) e cresciuti in quelle pagine, in tre righe (ognuno ha le sue) ancora risuona l’eco di un nome, il mio, il tuo, chiamato una volta, e un’altra ancora, senza sosta. Non è la storia di un altro, per quanto magnifica e drammatica: è la storia di ciascuno di noi, discepolo tra i discepoli, ingrato tra la folla che si sgola per il "crucifige", paralitico che si rialza incredulo, folle che rinsavisce, vigliacco accanto a Pietro nella notte più oscura, per poi asciugare, con le sue, le nostre lacrime. E infine all’alba di Pasqua riconoscere il Risorto, e camminare con Lui nella sera che scende su Emmaus, sentendosi travolgere d’amore. È solo un piccolo libro, quello che con l’invito del Papa chiede un angolo tra la cianfrusaglia che ci tiriamo dietro ogni giorno: ma c’è dentro una voce che ci parla senza sosta.
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