giovedì 10 ottobre 2024
È una delle missioni di pace più longeve delle Nazioni Unite, con 46 anni di attività. Svolge un mandato difficile: stabilizzare il Sud del Libano e promuoverne lo sviluppo
Uomini dell'Unifl al confine tra Libano e Israele

Uomini dell'Unifl al confine tra Libano e Israele - REUTERS

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È una delle missioni di pace più longeve delle Nazioni Unite, con 46 anni di attività. Creata nel marzo 1978, l’Unifil o United nations interim force in Lebanon, che si è trovata oggi sotto il fuoco israeliano, svolge un mandato difficile: stabilizzare il Sud del Libano e promuoverne lo sviluppo.

All’epoca, nel ’78, ricevette l’onere di monitorare il ritiro delle truppe israeliane dal paese dei cedri, assistendo il governo libanese a ristabilire le proprie auctorictas e sovranità nell’area occupata da Israele durante il conflitto del 1978-82. Erano anni difficili per la stabilità internazionale e non sarebbero stati gli ultimi nemmeno per il Libano, come testimoniano i conflitti più o meno intensi fra il 1982 e il 2000, anno del primo ritiro israeliano, (dopo quasi vent’anni di occupazione), la nuova guerra del luglio-agosto 2006, e l’ultimo scontro del 2023-2024, entrambi fra lo stato ebraico ed Hezbollah.

Unifil ha accompagnato nella storia le varie crisi libanesi, imponendosi spesso come istituzione rispettata nell’area operativa di dispiegamento.

La missione che conosciamo oggi è inquadrata da diverse risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, fra cui spicca la numero 1701 dell’11 agosto 2006, fondamentale perché ha esteso i compiti della forza multinazionale e ne ha potenziato gli effettivi, autorizzando un numero massimo di 15mila uomini, balzati dai circa 2mila precedenti, e proiettati in Libano in un’area di responsabilità che corre dalla Linea blu al fiume Litani.

E la Linea blu è un successo di Unifil, perché, proposta dalle Nazioni unite, supplisce alla mancanza di un trattato israelo-libanese sulle frontiere terrestri fra i due Paesi.

Il mandato della missione è formulato su richiesta del governo libanese e la 1701 incarica i caschi blu di monitorare la cessazione delle ostilità fra Israele ed Hezbollah, facilitando il dispiegamento dell’esercito regolare nel sud del paese e creando le condizioni per arrivare ad un accordo permanente di cessate il fuoco.

Se richiesti, gli uomini assistono il governo di Beirut nella sorveglianza dei confini per prevenire i flussi illegali di armi. Sulla falsariga delle risoluzioni del 2004 (1559) e dello stesso 2006 (1680), la 1701 richiede il disarmo di tutti i gruppi armati, ma autorizza il contingente di peacekeeping al solo sostegno dell’esercito libanese. In pratica, il disarmo di Hezbollah non rientra fra i compiti di Unifil, forza interinaria composta oggi da circa 10mila uomini di una una cinquantina di paesi, comandati da un militare, che è oggi il generale di corpo d’armata spagnolo Lazaro.

L’Italia, a capo del settore ovest, è uno dei primissimi contributori, con più di 1.200 uomini, secondo troop provider e più volte numero uno di Unifil.

La nostra partecipazione, che prende il nome di operazione Leonte, è imperniata attualmente su soldati della brigata Sassari, guidati dal generale Stefano Messina, aumentati da altri elementi specialistici, assetti dell’Arma dei Carabinieri e contributi dell’aviazione leggera dell’esercito; 374 sono i mezzi terrestri e 6 i velivoli italiani.

Roma ha giocato un ruolo chiave anche nel promuovere la cellula di direzione strategica della missione, istituita presso il Dipartimento di peacekeeping dell’Onu a New York e incaricata di fornire linee guida e direzione strategico-militare unitarie al comandante di Unifil, missione che, sebbene limitata da regole restrittive, assicura decine di pattugliamenti quotidiani, a partire da una quarantina di basi.

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