Salvini tra i due governatori del Nord Zaia e Fontana
Alla fine Matteo Salvini capisce che sul Veneto deve provare a sfidare Giorgia Meloni. Almeno provare. «Sì, certo. Chiaro, chiederemo il Veneto. E il terzo mandato? Noi chiederemo anche quello, certo... Ne parlerò con Meloni».
Ecco le ultime parole del vicepremier. Ecco l'inevitabile "braccio di ferro". Sul Veneto la Lega non può mollare. Non può lasciare a Fratelli d'Italia la decisione. Salvini ha pesato i rischi. Sa bene che ora «la priorità è la legge di bilancio». Sa anche che «non sarà facile sbloccare il terzo mandato».
Ma guai dare l'impressione di non voler combattere. C'è il Nord che rumoreggia. Ci sono i "suoi" governatori (Zaia, Fontana e anche Fedriga) che vogliono una Lega capace di rimettere al centro la questione settentrionale. Sono giornate complicate. Salvini stretto nella tenaglia Meloni-Zaia prova a uscirne rassicurando il Doge: tranquillo il Veneto resterà alla Lega. Sono però parole. Zaia non si fida.
E il segretario regionale della Lega veneta Alberto Stefani batte un colpo: «Faremo in tempo a trovare soluzioni e offrire il miglior candidato, il polo identitario di Lega, Lista Zaia e Liste Civiche è già la maggioranza dei veneti, come si è visto alle elezioni provinciali e comunali in cui ci siamo presentati, anche da soli». Ecco la sfida vera a Giorgia Meloni. Ecco la Lega del Nord che chiede spazio. Ecco la Grande Minaccia che prende forma: se Fratelli d'Italia e la premier provano a forzare in Veneto imponendo un proprio candidato la Lega non esclude la corsa solitaria.
La partita Veneto si accavalla con la partita questione Nord. Perché i veneti, guidati da Zaia, non intendono rinunciare a palazzo Balbi. E perché la partita autonomia rischia di rallentare dopo la presa di posizione della Consulta creano nuove tensioni nel popolo del Nord. Con Zaia è un momento complicato. Salvini provare a frenarlo. Il governatore insiste e minaccia: se si perde la mia regione, il Veneto, allora andrà tutto a rotoli.
Un messaggio che qualcuno oggi legge anche in controluce, ricordando come l'anno del voto in Veneto, il 2025, sarà l'anno del prossimo congresso nazionale della Lega, dove finora l'unico ad assicurare la candidatura è stato Matteo Salvini, al momento senza competitors. C'è tempo. Ma il "grido" del Nord sale. Un grido di dolore, ma anche di battaglia. Fontana, il governatore della Lombardia, è netto: «Bisogna iniziare a mettere in considerazione il problema del Nord. L'ho detto e lo ribadisco». Zaia va avanti: «La questione settentrionale è quanto mai attuale, anche perché del Nord ci si occupa sempre meno».
Tra i leghisti della vecchia guardia pesa il calo dei consensi, più smaccato proprio nelle roccaforti lombarda e veneta dove la Lega è ferma al 10, massimo 15 per cento. E pesa pure la leadership salviniana, sempre più sott'accusa per aver trascurato l'anima più economica vicina alle imprese del Nord, virando invece sul ponte sullo Stretto. E allora bisogna rilanciare mantenendo il Veneto. come dire Roberto Marcato, leghista doc e assessore allo Sviluppo economico in Veneto: «Non c'è alternativa a una presidenza leghista».
Salvini riflette. Sa che un nuovo mandato di Zaia è missione quasi impossibile per legge (a meno di una nuova battaglia ad hoc). Zaia prepara le truppe: «Il limite di mandato è un'idiozia». Per uscire dallo stallo esistono due piani B: l'offerta di un ministero, che Salvini potrebbe strappare agli alleati di governo, ammesso che incontrerebbe le ambizioni di Zaia; oppure la candidatura alla poltrona da sindaco di Venezia, dove si voterà tra il 2025 e il '26, lasciando a FdI il timone della regione. Un'ipotesi, quest'ultima, che Zaia e i suoi però non prendono nemmeno in considerazione.