sabato 15 settembre 2012
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​«Alcuni libanesi si illudono che il Papa abbia la bacchetta magica», spiegava qualche giorno fa monsignor Rouhana, da poco eletto vescovo di Sarba, a nord di Beirut. «Ma ciò di cui abbiamo veramente bisogno non è un intervento miracoloso; occorre migliorare la qualità della nostra testimonianza cristiana». L’Esortazione apostolica Ecclesia in Medio Oriente che ieri Benedetto XVI ha consegnato nella Basilica di San Paolo a Harissa, fornisce preziose indicazioni al riguardo, senza temere di scendere nei dettagli dove necessario. Un esempio di questa concretezza è l’invito a trovare l’accordo su una traduzione comune del Padre Nostro in arabo. Sottili differenze, una parola o due, separano le diverse Chiese cattoliche, ma il risultato nelle celebrazioni comuni, sentito dall’esterno, è una dissonanza poco incoraggiante come era stato notato già durante il Sinodo. Sono molto chiare anche le indicazioni, sempre ispirate alle propositiones sinodali, di perseguire una gestione più rigorosa e trasparente dei beni ecclesiali o un’applicazione equa del diritto canonico, in una realtà in cui le donne sono spesso svantaggiate.Tenendo conto di queste prese di posizione molto precise, e fondandosi sulla comunione che – come ricorda autorevolmente il documento – precede le tradizioni particolari, i cristiani del Medio Oriente potranno affrontare le sfide che li attendono. Su questo secondo versante, nell’Esortazione prevale l’affermazione di alcuni principi generali. Ed è naturale che sia così, visto che la regione è sempre più instabile: chi avrebbe immaginato nell’ottobre 2010 che solo pochi mesi più tardi sarebbero iniziate le rivoluzioni arabe? E chi si sarebbe aspettato la comparsa del film offensivo verso Muhammad che ha di colpo infiammato il mondo islamico, arrivando a lambire anche il Libano? Sarebbe dunque avventato (e probabilmente anche estraneo alle finalità dell’Esortazione) pronunciarsi sull’attualità, tessuta di segnali positivi ma anche di fatti molto preoccupanti come gli attacchi di questi giorni alle ambasciate americane. L’Esortazione sottolinea piuttosto alcuni principi: l’ecumenismo da rilanciare, il dialogo interreligioso e la necessità di una sana laicità, temi che superano i confini della regione (e del resto l’Esortazione è rivolta a tutta la Chiesa). Viene riaffermata l’importanza del legame con l’ebraismo, cosa mai scontata nel contesto mediorientale, e al tempo stesso si insiste sulla necessità di un rapporto positivo con i musulmani. In uno dei passaggi più forti, il Papa afferma che i cristiani orientali «si sono lasciati interpellare dalla religiosità dei musulmani». Proprio questa idea del reciproco interpellarsi potrebbe essere una chiave per impostare in modo nuovo i rapporti con l’altro credente, secondo l’espressione usata nel documento. Ma per farlo occorre sgomberare il campo dalla violenza, «liberando la religione dal peso della politica», tutelando i diritti fondamentali per tutti, operando con decisione per la libertà religiosa. Obiettivi ambiziosi, ma irrinunciabili, se si vuole arrestare la continua emorragia di credenti che minaccia il futuro delle Chiese orientali.Senza dubbio il messaggio dell’Esortazione richiederà tempo per essere recepito. C’è però una parola che i libanesi hanno capito molto bene fin dal primo momento: «Vi lascio la mia pace». È lo slogan del viaggio, riproposto con infinite variazioni nei cartelli che tappezzano le vie di Beirut e dintorni, anche nei quartieri sciiti intorno all’aeroporto. È il desiderio profondo di tanti.Qualcuno pensava che non avesse senso per il Papa salire fino alla Madonna di Harissa per consegnare l’Esortazione apostolica. Troppo rischioso. Diversi media si erano spinti a prevedere la cancellazione del viaggio all’ultimo minuto. Ma Benedetto XVI ha scelto di non tirarsi indietro. La sua presenza in Libano, in un momento così delicato, è il primo segno di cui hanno bisogno non solo i cristiani, ma tutti gli uomini di buona volontà, in questo Paese e in tutta la regione. Con il suo gesto il Papa mostra di credere fino in fondo a quella possibilità di una coesistenza pacifica e arricchente a cui viene dedicato ampio spazio nell’Esortazione apostolica. Il primo messaggio di Benedetto XVI è oggi la sua presenza.
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