venerdì 9 maggio 2014
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«Le solite facce, i soliti accordi», cantavano Enzo Jannacci e Paolo Rossi al Festival di Sanremo nel 1994, mettendo in musica con disincanto il ciclone di Tangentopoli che aveva appena sconvolto l’Italia. Aprendo i giornali di stamattina si ha l’impressione di fare un balzo indietro di vent’anni esatti e viene da intonare a denti stretti quella vecchia canzone: i soliti arresti, le solite facce, i soliti nomi...È quasi una malinconica rimpatriata, ci ritroviamo un po’ tutti, i reduci di quella stagione – cronisti, indagati, magistrati, politici, lettori di giornali – magari con qualche capello in meno, qualche chilo in più, baffi, barbe e basette imbiancate. E, soprattutto, nella bocca un sapore amaro difficile da mandare via. «Toh, guarda chi si rivede! Ancora in attività e di nuovo negli stessi guai...». C’è il "compagno G" Primo Greganti, c’è Frigerio, c’è una pm dalla chioma rossa (ma stavolta si chiama Ilda, non Tiziana), ci sono gli appalti, le accuse di mazzette sborsate e intascate, le intercettazioni in cui rimbalzano i riferimenti ai "pezzi grossi", non indagati ma anche loro gli stessi da anni. E così, fatti salvi naturalmente il principio di non colpevolezza fino alla sentenza definitiva, sancito dalla Costituzione, e tutte le garanzie a tutela delle persone coinvolte, persino più delle altre volte torniamo a chiederci: è davvero possibile che non sia cambiato niente? A parte, dice qualcuno, che le tangenti di oggi sarebbero dello 0,8% anziché del 5% come nei "ruggenti" anni 80 e 90... Uno "sconto" figlio della crisi economica? Un grottesco segnale di sobrietà nella corruzione?Certo è che oggi, come allora, ci sono aspiranti Robespierre convinti che «la magistratura cambierà l’Italia». A loro ricordiamo che giusto vent’anni fa, durante un convegno sul tema Governare per cambiare, uno dei più autorevoli componenti del Pool Mani Pulite di Milano, Piercamillo Davigo, manifestò l’intenzione di «rivoltare questo Paese come un calzino» per mondarlo dalla corruzione. Ebbene, se si dimostrerà vera anche solo una parte delle ipotesi accusatorie relative agli appalti per Expo 2015 (e alla sanità lombarda, e alle tante "rimborsopoli" regionali, e ai dissesti finanziari di varie banche...), bisognerà concludere che il calzino, o meglio lo Stivale, era sporco anche dall’altra parte.Oppure, e forse sarebbe più opportuno, occorrerà imparare dal passato e riflettere sul fatto che una nazione non può salvarsi soltanto grazie all’iniziativa di un gruppo di suoi cittadini, che vestano o meno la toga. Trasformare i magistrati in deputati, senatori, leader di partito, non è una soluzione valida, non funziona. Non bastano – anche se sono indispensabili – le leggi anti-corruzione, i divieti, le manette, le pene. Sarebbe necessario, senza dubbio, che ciascuno si limitasse a fare bene la propria parte, a cominciare dalla scuola, cioè dall’educazione alla legalità dei bambini e dei ragazzi. Ma anche questo, come qualsiasi altro buon proposito, ancora non basta, se non si cambia dentro. Il corrotto è colui che ha il cuore indurito, ha detto Papa Francesco il 27 marzo scorso, nell’omelia della messa per i parlamentari italiani. E l’onestà si può insegnare, non imporre. Ma, se tanti la vivono con semplice orgoglio e serena tenacia giorno per giorno, si può sperare che diventi contagiosa.
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