Un generatore elettrico protetto dal sole a Kiev - Dal Web
È al buio la facciata della stazione centrale di Kiev quando scende la notte sulla capitale dell’Ucraina. Come le strade di tutta la città. Anche nelle sale d’aspetto e lungo le pensiline l’illuminazione è ridotta ai minimi termini. Qualcuno si fa strada con la torcia del cellulare mentre scende dalle carrozze. E l’ennesimo avviso che compare nell’atrio e fra i binari ripete quello che tutti sanno: le Ferrovie ucraine, orgoglio del Paese sotto i missili che in due anni e mezzo d’invasione russa non si sono mai fermate, sono costrette a ridurre il numero dei treni su cui viaggia gran parte della nazione e anche la speranza di resistere. «Alcuni convogli non circoleranno; altri cambieranno la loro frequenza o il tragitto sarà limitato». È un passo indietro imposto. Non per ragioni di sicurezza. Ma per mancanza di elettricità.
Ciò che il Cremlino non è riuscito a fare nel primo inverno di guerra, rischia di concretizzarsi adesso o nella prossima stagione fredda: mettere in ginocchio l’Ucraina con la leva dei black-out elettrici. È il risultato della nuova fase di bombardamenti a tappeto sulle infrastrutture energetiche dell’intero Paese che va avanti dallo scorso marzo e che si affianca al pressing militare su tutta la linea del fronte e lungo le frontiere con la Russia. «Ma non ci sarà alcun collasso», rassicura il ministro dell’energia, German Galushchenko. Stando ai dati diffusi dal presidente Zelensky, è stato distrutto o danneggiato l’80 per cento delle centrali termoelettriche; e la metà degli impianti idroelettrici, comprese le relative dighe, finite più volte sotto il fuoco nemico, come quella sul fiume Dnepr che divide la città di Zaporizhzhia. O entrate nel vortice della propaganda, come quella di Kiev che la Russia ritiene stia per essere attaccata dall’intelligence ucraina per far ricadere la colpa su Putin.
Di fatto la nazione, che fino all’inizio della guerra esportava corrente in Europa, sopravvive grazie alle centrali nucleari, 14 in totale (tranne quella di Zaporizhzhia occupata dai militari russi), e all’energia che riceve dall’estero per coprire il deficit elettrico. Lo racconta anche uno dei maggiori centri commerciali di Kiev, il “Gulliver”, ospitato in un grattacielo di 35 piani, che ha appena siglato un accordo con cui farà arrivare direttamente dalla Polonia la corrente per tenere aperti i negozi. Però manca la metà del fabbisogno nazionale. Ed è già scattata la razionalizzazione dell’elettricità in tutte le regioni. «Stop per tre ore al mattino; e poi dalle 16 a mezzanotte», fanno sapere i piani di contingentamento a Kiev di questa settimana. Con una raccomandazione nelle giornate di caldo record per l’Ucraina: «Vietato usare i condizionatori». Ancora più pesante la situazione a Kharkiv, seconda città del Paese a cinquanta chilometri dal confine russo che ne fa un bersaglio “facile”: non esiste più una centrale intatta, avverte il sindaco Igor Terehov, e tutta la corrente giunge da fuori regione.
L’elettricità al contagocce ha effetti a catena sul quotidiano: collegamenti telefonici che vanno in tilt (la principale compagnia telefonica, Kyivstar, comunica che vuole alimentare in maniera autonoma le sue antenne); acqua che non arriva in casa, come a Kharkiv; punti vendita che arrancano; trasporti pubblici che saltano; gruppi elettrogeni ovunque che riempiono le vie di rumore e smog; le Ferrovie, maggior consumatore nazionale di elettricità, che tagliano. «La vita va avanti con le batterie per le auto», scherza Pavel Borisov. Le ha connesse all’impianto dell’appartamento in un condominio della capitale che così resta acceso quando la corrente viene staccata. «I prossimi accumulatori saranno disponibili a settembre», sospira Ivan, titolare di una rivendita in centro. Segno che la corsa alle riserve energetiche fai-da-te è ormai frenetica e viene percepita come un “salvavita”. «Mi preoccupa l’inverno», aggiunge Pavel. Già, mentre il termometro segna 38 gradi, si prospetta l’incubo del grande gelo che farà impennare i consumi.
«Si teme un inverno critico e non si esclude l’emergenza – spiega l’ambasciatore dell’Ordine di Malta a Kiev, Antonio Gazzanti Pugliese –. Finora si è provveduto con i gruppi elettrogeni o le stufe. E la popolazione è andata avanti. Tuttavia il quadro rischia di cambiare se continuerà la campagna massiccia di attacchi. Tutti sono consapevoli che è una strategia per mettere sotto pressione il Paese». E per lasciarlo al buio e al freddo. Un piano che Mosca rilancia dopo che l’aveva varato fra il 2022 e il 2023 senza riuscire a piegare la nazione. La risposta era stata una battaglia “energetica” combattuta con legna, batterie e generatori di cui l’Ordine di Malta è stato uno dei maggiori importatori e donatori. Anche Zelensky annuncia un «periodo estremamente difficile». Stando ad alcune previsioni, le famiglie ucraine potrebbero avere al massimo sei ore di corrente al giorno. E poi le centrali riforniscono di acqua calda le abitazioni delle grandi città: e la loro distruzione significa non avere più il riscaldamento. Il governo ha stanziato 7 miliardi di grivnia (155 milioni di euro) per riassettare la «metà del sistema energetico». Ma i tecnici di Ukrenergo, il gestore della rete, precisano che ci vorranno anni prima che le centrali bombardate tornino a funzionare.
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