martedì 29 maggio 2012
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​Gran Bretagna conferma ancora una volta il suo triste primato di abortività. Il Telegraph ha anticipato alcuni eloquenti dati del Servizio sanitario nazionale: nel 2010 hanno abortito 38.269 teen-agers, di cui circa 5.300 per la seconda volta, ma ci sono cifre ancor più impressionanti – delle quali il quotidiano inglese dà conto – relative agli aborti plurimi nelle ragazze fra i 13 e i 19 anni. Diminuiscono le interruzioni di gravidanza fra le minorenni ma aumentano in generale – il 5% in più rispetto all’anno precedente – le adolescenti che abortiscono più volte. In Italia la situazione è diversa: nel 2009 ad abortire nella stessa fascia di età sono state 9.846 donne, di cui 3.719 minorenni. In termini percentuali siamo ai valori più bassi in Europa. Per gli aborti ripetuti, i dati delle relazioni annuali al Parlamento sull’applicazione della legge 194 non sono divisi per fasce di età ma complessivamente mostrano la percentuale più bassa rispetto alle altre nazioni. Una situazione "migliore", la nostra, che certo però non può consolare e che non lascia affatto tranquilli: rimangono sempre cifre devastanti, che tuttavia vanno lette con attenzione perché le differenze significano pur qualcosa. E vanno comprese.

Innanzitutto i dati inglesi mostrano che la diffusione massiccia dei contraccettivi, anche con l’educazione sessuale nelle prime classi scolastiche, è una politica fallita: chi ripete l’aborto, specie se giovane, vi ricorre come a un contraccettivo, anche quando altri mezzi sono facilmente accessibili. In Italia la diffusione della pillola anticoncezionale è fra le più basse in Europa: intorno al 16%, circa la metà rispetto a quella delle donne inglesi. E anche per la cosiddetta contraccezione di emergenza – la "pillola del giorno dopo", per la quale comunque non si può escludere un effetto antinidatorio – i numeri dicono altro: nel 2008 in Gran Bretagna, dove per l’acquisto la ricetta non serve, ne sono state vendute 1.428.000 confezioni, contro le 381mila italiane, con la vendita subordinata a prescrizione medica. Inoltre, a differenza del Regno Unito, gli aborti in Italia sono in costante diminuzione, e lo erano anche prima dell’avvento della "contraccezione di emergenza". Qual è il motivo, al di fuori della solita propaganda? È la solidità della famiglia a fare la differenza, è questa nostra straordinaria risorsa, ancora vitale anche se indebolita, la più efficace prevenzione dell’aborto: se i legami familiari sono stabili, se c’è il calore degli affetti solidi dei genitori, di quelli su cui sai di poter sempre contare, un figlio inaspettato non diventa un ostacolo da eliminare. Se nei genitori hai visto, giorno dopo giorno, in tutte le circostanze che la vita offre, nella buona e nella cattiva sorte, un amore fedele; se hai vissuto nella tua vita l’esperienza del "per sempre" dei tuoi familiari, allora la desideri anche tu, capisci che è possibile, e difficilmente ti farai convincere che la felicità è negli affetti temporanei e fragili, nei rapporti destinati a rompersi uno dopo l’altro, nella "libertà" intesa come disimpegno. E allora è più probabile che un figlio arrivi quando c’è un rapporto certo e consolidato e – che sia voluto o meno – sarà sempre il benvenuto. Pensare che la prevenzione dell’aborto si riduca alla somministrazione della pillola di turno, oltre che riduttivo, è profondamente sbagliato. Nel nostro Paese convivono un minore ricorso alla contraccezione chimica e all’aborto insieme a una forte denatalità ma anche a una famiglia ancora sostanzialmente salda, contro le considerazioni di tanti "esperti" che si ostinano a non vedere questa eccezionalità tutta italiana, e che invece cercano di avvicinare il nostro Paese all’Europa per le pratiche contraccettive e abortive, e certe concezioni di famiglia. Ma non potrebbe essere l’Europa a "seguire" l’Italia?

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