La misericordia di Dio non è un ideale disincarnato dalla realtà, relegato al mondo delle pie pratiche e delle devozioni del cuore, ma un’esperienza concreta che tocca le storie e le ferite di ogni singolo essere umano. Lo testimoniano le vicende esistenziali e i percorsi spirituali dei santi e dei beati, i quali sono testimoni privilegiati di come l’amore di Dio e il suo perdono di fatto non hanno limiti. Tra questi testimoni alcuni hanno fatto della misericordia «la loro missione di vita» in modo più specifico, come ricorda papa Francesco nella
Misericordiae vultus, la bolla di indizione del Giubileo straordinario della misericordia, ormai alle porte. Altri sono diventati apostoli della misericordia e del perdono piegandosi sulle ferite più profonde dell’umanità.Non c’è dubbio che i patroni per eccellenza di questo Giubileo siano due,
Faustina Kowalska e Giovanni Paolo II, ai quali Bergoglio dedica alcuni passaggi della bolla d’indizione. La prima, scrive il Papa, «fu chiamata ad entrare nelle profondità della divina misericordia», mentre Wojtyla, ricorda sempre Francesco, ha avuto il merito di mettere in luce «l’urgenza di annunciare e testimoniare la misericordia nel mondo contemporaneo». Un messaggio che fu affidato all’enciclica
Dives in misericordia del 1980. Ma non solo: è stato Giovanni Paolo II, infatti, nel 2000 a istituire la festa della Divina Misericordia e a canonizzare Faustina Kowalska, che ne aveva auspicato l’istituzione. A questa giovane religiosa polacca nata nel 1905, la missione di far conoscere la misericordia di Dio fu affidata nel corso di alcune visioni da lei narrate nel suo Diario, oggi tradotto in numerose lingue. Santa Faustina morì a soli 33 anni nel 1938: la sua eredità fu compiuta da Karol Wojtyla che da giovane operaio conobbe la figura e il messaggio di questa religiosa fermandosi in preghiera mentre andava al lavoro a piedi nel luogo in cui era sepolta.Ma papa Francesco ha indicato anche altri due santi come “protettori” particolari del Giubileo della misericordia: san Pio da Pietrelcina e san Leopoldo Mandic, entrambi frati cappuccini che si «consumarono» nel confessionale. I corpi di questi due santi saranno esposti alla venerazione dei fedeli in San Pietro all’inizio della Quaresima del 2016. Mandic era nato in Croazia nel 1866, prete nel 1890, per molti anni fu confessore a Padova, dove morì nel 1942. Proprio questo «ministero del perdono», unito a un carattere deciso e quando necessario anche battagliero, lo lega al santo di Pietrelcina, nato nel 1887 e morto nel 1968 a San Giovanni Rotondo. Entrambi sono stati canonizzati da Giovanni Paolo II: Mandic nel 1983, padre Pio nel 2002.Ma il catalogo dei santi è pieno di santi e beati che si sono fatti tramite della misericordia di Dio soprattutto attraverso la Confessione. Tra tutti basti citare san Giovanni Maria Vianney che, nella Francia avviata verso una modernità spiritualmente arida, fece della sacramento della Riconciliazione uno strumento pastorale per far ripartire non solo le vite dei penitenti ma anche l’azione evangelizzatrice della sua comunità cristiana. Noto come il Curato d’Ars, questo sacerdote oggi è patrono dei parroci, indicando loro lo stile dell’amore di Dio che accoglie e ama, ma richiede anche una conversione autentica.Infine c’è una serie lunghissima di santi che hanno fatto della carità la via per mostrare al mondo la misericordia. Tra i più recenti un volto di misericordia è di certo la beata Madre Teresa di Calcutta (1910-1997) che dedicò la sua vita ai «più poveri dei poveri». La cifra della sua santità fu la completa condivisione di quel dolore che per gli ultimi è pane quotidiano. Uno stile che ricorda quello di san Damiano de Veuster (1840-1889), il religioso belga che morì di lebbra sull’isola-lazzareto di Molokai alle Hawaii: ai «suoi» malati aveva offerto non solo la luce dell’amore di Dio, una nuova speranza, ma anche la sua stessa vita.