All’indomani dello strappo sulle unioni civili è il giorno del possibile disgelo. Dopo la forzatura politica e regolamentare annunciata – o forse solo minacciata – dal Pd (per arrivare in aula la prossima settimana con un
nuovo ddl Cirinnà archiviando quello in discussione, esautorando di fatto la commissione Giustizia del Senato) si torna a intravedere lo spazio per una mediazione alta. Con l’obiettivo – che resta a dire il vero altamente complicato – di arrivare a un testo condiviso nella maggioranza. La novità è arrivata ieri nell’ufficio di Presidenza della commissione dove a sorpresa il capogruppo
Carlo Giovanardi ha annunciato il ritiro di «alcune centinaia» di emendamenti, col risultato di ridurli da 1.300 a soli 60, contando quelli già bocciati e quelli ora eliminati. La scelta viene valutata con attenzione dal Pd, conferma Giorgio Tonini, come un segnale di superamento dell’ostruzionismo. Ncd la spiega come un modo per togliere alibi al Pd, mentre fra i dem lo si interpreta – al contrario – proprio come un primo risultato ottenuto dalla accelerazione impressa con la scelta di andare in aula con un proprio testo. Ma al di là dei toni ufficiali ancora tesi trapelano tutti i particolari di una trattativa che si riapre, e stavolta ai massimi livelli, fra i due alleati. La commissione Giustizia tornerà a riunirsi lunedì per valutare il via libera verso l’aula per mercoledì 14 sul quale spinge fortemente M5S offrendo una sponda alla parte più oltranzista del Pd. Ma lunedì mattina questo importante snodo procedurale verrà preceduto da un vertice fra Matteo Renzi e Angelino Alfano in cui saranno presi in considerazione tutti gli spazi per una possibile mediazione sui punti controversi. Dopo il passaggio in commissione sarà la conferenza dei capigruppo, martedì, a dover fare la sintesi. Se andare o meno in aula con questo nuovo testo o scommettere nuovamente sui lavori della commissione. Prospettiva non facile. Perché le posizioni restano distanti. Giovanardi chiarisce, al di là della potatura agli emendamenti: «Non cederemo su adozione, utero in affitto e reversibilità della pensione». Mentre la relatrice Monica Cirinnà, che decadrebbe dall’incarico in caso di rinuncia al testo originario, esclude «compromessi al ribasso». Si è aggiunto ieri anche un anche un altro testo, presentato dal forzista
Lucio Malan, che punta su una modifica lessicale ('disciplina unioni registrate') e su un divieto secco di adozione anche nella versione
stepchild, l’adozione del figlio del partner che a detta di molti giuristi aprirebbe la strada a pratiche come l’utero in affitto. E un altro testo è in arrivo da un altro forzista,
Giacomo Caliendo. Delusione anche tra alcuni deputati Dem per la sintesi trovata al Senato. «Pur avendo inserito il riferimento a specifiche formazioni sociali - nota
Ernesto Preziosi – non si è stati conseguenti nel resto del testo e rimane il rischio di un simil matrimonio».