Il disegno di legge sulle dichiarazioni anticipate di trattamento in discussione alla Camera dei deputati è una proposta ragionevole, condivisibile, realmente liberale e oggi non più rinviabile, a fronte degli avvenimenti degli ultimi anni su fine vita e libertà di cura. È necessario, infatti, che il Parlamento ponga per legge limiti e vincoli precisi a quella giurisprudenza 'creativa' che sta introducendo surrettiziamente nel nostro Paese arbitrarie derive eutanasiche. Rilevanti e gravi decisioni giudiziarie hanno infatti reso possibile interrompere la somministrazione di cibo e acqua, anche per vie artificiali, a persone non più in grado di esprimere il proprio consenso, e hanno ridotto il consenso informato alla ricostruzione ex post delle volontà di una persona, dedotte persino dai suoi "stili di vita", ignorando la necessità di una volontà attuale basata su un’informazione medica adeguata.Il testo di legge in discussione – pur essendo, come qualsiasi provvedimento legislativo, migliorabile – è chiaro e lineare a proposito delle questioni appena richiamate e, dunque, nei suoi contenuti fondanti. E noi riteniamo che se non fosse approvato in tempi rapidi, tenendo saldi questi suoi princìpi cardine, diventerebbe sempre più difficile drenare una giurisprudenza orientata a riconoscere il "diritto" a una morte medicalmente assistita, in altre parole all’eutanasia trasformata in atto medico. La nostra è la civile e laica preoccupazione di persone informate e responsabili, ben consapevoli della rilevanza della questione posta dai pronunciamenti giudiziari che hanno rovesciato nel suo contrario il principio del "favor vitae" al quale il nostro ordinamento s’ispira. Da credenti siamo anche confortati dal fatto che in questa materia il magistero della Chiesa si è inequivocabilmente pronunciato, come si può evincere dalle "Risposte a quesiti della Conferenza episcopale statunitense circa l’alimentazione e l’idratazione artificiali" predisposte dalla Congregazione per la dottrina della fede, allora presieduta dal cardinale Joseph Ratzinger, come anche nel discorso di Giovanni Paolo II al congresso su "I trattamenti di sostegno vitale e lo stato vegetativo. Progressi scientifici e dilemmi etici", del marzo 2004; come più in generale nell’enciclica
Evangelium Vitae .Recentemente il cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Conferenza episcopale italiana, rifacendosi al costante magistero pontificio, ha a sua volta dichiarato: «La legge che sta per essere discussa alla Camera non è una legge "cattolica". Semplicemente rappresenta un modo concreto per governare la realtà e non lasciarla in balia di sentenze che possono a propria discrezione emettere un verdetto di vita o di morte. I malati terminali rischierebbero di essere preda di decisioni altrui. Precisare poi che l’alimentazione e l’idratazione non sono terapie, ma funzioni vitali per tutti, sani e malati, corrisponde al buon senso dell’accudimento umano e pongono un limite invalicabile, superato il quale tutto diventa possibile».Ci sono solidi argomenti di ragione – comuni a laici e cattolici – per sostenere l’urgenza, l’efficacia e l’utilità del testo di legge all’esame della Camera dei deputati. E per noi, in quanto credenti, sussiste anche l’autorevole pronunciamento della Chiesa che, in forza del suo sapienziale discernimento e con l’autorevolezza morale alla quale da più parti si guarda con rinnovata speranza, indica la via attualmente più concreta alla tutela del bene comune. Questa legge va fatta, e va fatta adesso.