Ansa
Se non si cambiano le regole alla base del Servizio sanitario nazionale sarà difficile continuare a garantire le prestazioni essenziali in tutte le aree del Paese. L’allarme stavolta arriva dall’Acos, Associazione cattolica degli operatori sanitari, che nei giorni scorsi a Roma, al suo convegno nazionale sulla sanità pubblica oggi tra sostenibilità ed etica, ha voluto riflettere sugli scenari e sulle prospettive del sistema di assistenza pubblico, alle prese con la carenza di risorse e di personale.
«La sanità ha bisogno di investimenti – spiega il presidente di Acos, Fabrizio Celani –. Quelli stanziati finora non bastano, se si considera l’aumento dei costi e l’inflazione. Senza contare la forte carenza di personale, non solo medico ma anche infermieristico. La problematica riguarda in particolare alcune specializzazioni; in prospettiva, dunque, la mancanza di professionisti si andrà ad acuire».
La possibilità che per curarsi si sia obbligati a ricorrere sempre alla sanità privata sembra ormai una realtà. «Va ripensato il Ssn con nuove regole – ribadisce Celani –, non è sufficiente puntellarlo. Forse occorrerà anche pensare a nuove forme di assicurazione, come avviene già in altre realtà europee». L’attenzione posta sull’assistenza territoriale con le case della salute, per gli operatori sanitari, resta comunque una questione aperta, visto che mancano i medici che possano occuparsi dei pazienti con patologie croniche. «Non dimentichiamo che i medici di medicina generale sono subissati da un carico amministrativo che sottrae energia e tempo al rapporto con i malati». Senza una rete territoriale di assistenza, e con l’aumento della popolazione anziana, gli ospedali rischiano di collassare. «Le strutture ospedaliere spesso sono vecchie o obsolete. È necessario trovare il giusto equilibrio tra una sanità incentrata sugli ospedali e quella territoriale. E poi bisogna puntare sulla formazione di tutti gli operatori sanitari, perché la dignità dei malati sia sempre difesa e sostenuta».