Un "voucher" che restituisca centralità alla famiglia nella scelta dei servizi e aiuti l’emersione del lavoro sommerso, creando più di 300mila nuovi posti di lavoro: è questo l’ambizioso obiettivo della proposta di legge di "istituzione del Voucher universale per i servizi alla persona e alla famiglia", presentata contemporaneamente alla Camera e al Senato. Frutto di più di un anno di lavoro dell’istituto Luigi Sturzo, registra l’adesione di un folto gruppo di parlamentari appartenenti a diversi schieramenti. La proposta s’ispira al modello francese dei chèque emploi service universel (Cesu). Primi firmatari sono i senatori Giorgio Santini e Valeria Fedeli (Pd), Federica Chiavaroli (Ncd), e i deputati Carlo dell’Aringa, Edoardo Patriarca e Flavia Piccoli Nardelli, del Pd e Gianluigi Gigli dei Popolari per l’Italia.
In Italia, il costo del lavoro per un collaboratore familiare regolarmente assunto è di circa un terzo superiore a quello in nero, ed è questa una delle principali ragioni per cui, su circa 1,7 milioni di lavoratori domestici, il 50 per cento è costituto da non regolari. La proposta prevede quindi una detrazione fiscale pari al 33 per cento degli oneri sostenuti, per un importo massimo da 6 a 8 mila euro, in presenza di bambini, persone disabili o anziani non autosufficienti. «Un’operazione - spiega Giuseppe Roma, direttore generale del Censis -che costa un miliardo e 300mila euro, quasi tutti recuperabili attraverso vari circuiti virtuosi che è in grado di innescare: 654 milioni direttamente, e 367 che tornerebbero indietro indirettamente attraverso la tassazione, grazie al lavoro emerso. La quota restante - spiega Roma - sarebbe ampiamente recuperata dalla riduzione dei costi di ospedalizzazione e da quella «messa in concorrenza» di cui parla Dell’Aringa, che un meccanismo come il voucher, «senza fare del mercato un totem, certamente è in grado di innescare, creando efficienza e risparmi».
Sono tre i possibili destinatari: famiglie, dipendenti delle imprese e destinatari di servizi di protezione sociale. Questi potranno acquistare, oppure ricevere dall’azienda o dall’ente, i voucher emessi dalle società concessionarie, che serviranno per acquistare servizi di cura per bambini, anziani non autosufficienti o persone disabili, come pure per retribuire i collaboratori domestici. I "buoni" potranno essere utilizzati anche da piccole e medie imprese, divenendo così strumenti di "welfare aziendale". Lo stesso meccanismo potrà essere utilizzato dalle amministrazioni pubbliche, per semplificare e velocizzare l’intervento sociale. Il voucher sarà nominativo e non potrà essere ceduto o utilizzato per l’acquisto di servizi diversi. «Una proposta - segnala Patriarca - che si inquadra pienamente nella riforma in arrivo per il Terzo settore».
Il governo viene delegato a definire, in accordo con le regioni, i requisiti per l’iscrizione agli albi e ai registri regionali dei collaboratori domestici e degli assistenti personali. Un modo per mettere mano a un settore in cui prolifera il lavoro illegale e sottopagato, che rischia di sfruttare operatori e operatrici straniere e disincentiva l’approccio a lavoratori e lavoratrici italiane. Oggi, solo un assistente su quatto è iscritto in un registro: il voucher potrà essere speso solo per lavoratori inseriti in questi elenchi. La legge istituirebbe anche un albo nazionale delle imprese, delle organizzazioni e delle associazioni abilitate.