domenica 3 novembre 2024
Terzo rapporto dell’Osservatorio permanente: dal ’78 sono quasi 6 milioni i bimbi non nati, enormi costi economici e sociali. Eppure negli ultimi anni si incoraggia il fai-da-te
Nel 2022 gli aborti con la RU486 hanno superato quelli chirurgici

Nel 2022 gli aborti con la RU486 hanno superato quelli chirurgici - Ansa

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Parlare di aborto è sempre arduo anche perché il dibattito pubblico si basa spesso su concetti e convinzioni che vanno aldilà dei dati scientifici. Nei giorni scorsi l’Osservatorio permanente sull’aborto (Opa) ha presentato, in una conferenza stampa al Senato, il proprio documento “Tra clandestinità e indifferenza. Terzo rapporto sui costi dell’aborto indotto e i suoi effetti sulla salute delle donne”. Un tentativo di scuotere la società dall’assuefazione che l’applicazione della legge 194 del 1978 sembra aver provocato di fronte al fenomeno dei bimbi a cui viene impedito di nascere.

L’Opa esamina i dati ufficiali forniti dal ministero della Salute in occasione dell’annuale Relazione del ministro della Salute al Parlamento sull’attuazione della legge 194, e dall’Istat, fonte primaria per lo stesso ministero. «L’Opa – ha detto il presidente, l’economista fiorentino Benedetto Rocchi – non fa proposte politiche ma analisi. Noi pensiamo che la legge 194, come tutte le politiche sanitarie, debba essere oggetto di valutazione in modo che poi i decisori politici possono essere informati».

I dati complessivi derivati dalle rilevazioni ufficiali indicano che il numero totale degli aborti legali effettuati in Italia tra il 1978 (anno di approvazione della legge 194) e il 2022 (ultimo anno per il quale sono disponibili) sfiora i 6 milioni: 5.987.323. Nel 2022 sono stati 64.703 in leggero aumento rispetto all’anno precedente (quando erano stati 62.530), pari al 13% delle gravidanze (erano il 12,5% nel 2021). Così come è in crescita il tasso di abortività totale: 206 donne su mille.

Dopo 44 anni l’aborto volontario «è un problema sociale rilevante. È evidente – è scritto nel rapporto – che, contrariamente a quanto dichiarato nell’articolo 1 della legge 194, è stato e viene usato come ordinario mezzo di controllo delle nascite e non come extrema ratio in casi drammatici».

Per sostenere le spese delle interruzioni volontarie di gravidanza, nel solo 2022 sono stati spesi – è scritto nel rapporto Opa – circa 56 milioni di euro, portando la stima del costo nei 44 anni di applicazione della legge a circa 7 miliardi e 290 milioni di euro. Infine nel 2022 si è registrato il sorpasso degli aborti effettuati con metodo chimico (la pillola Ru486) rispetto a quello chirurgico.

Il ricorso al metodo chimico, non solo «è quattro volte più rischioso di quello chirurgico –è scritto nel rapporto – e dieci volte più mortale», ma incoraggia «la diffusione dell’aborto fai-da-te» secondo le linee guida approvate dal ministero della Salute nel 2020. «La promozione dell’aborto in pillole “comodamente a casa” – è il commento del rapporto Opa – testimonia un interesse alla diffusione dell’aborto piuttosto che alla sicurezza delle donne».

Infine la crescente diffusione delle cosiddette “pillole dei giorni dopo” rende ancora più difficile stimare l’esatto numero di mancate gravidanze: «L’introduzione della cosiddetta contraccezione d’emergenza – scrive il ginecologo Filippo Boscia, docente di Fisiopatologia della riproduzione umana e componente del comitato del direttivo di Opa – ha complicato il quadro per la perdurante incertezza sulla sua modalità d’azione, cioè se sia davvero contraccettiva o piuttosto abortiva per evitare le gravidanze non desiderate».

«L’embrione – puntualizza Boscia, ex presidente dell’Associazione medici cattolici italiani – vale sempre, fin dal suo inizio, come persona, la cui origine si colloca con la singamia, ovvero coincide con l’unione fra i due gameti (maschile e femminile) che sinteticamente definiamo fecondazione. L’embrione è sempre qualcuno e non è mai qualcosa di cui possiamo sbarazzarci».

A suggerire che le “pillole dei giorni dopo” (di cui sono state vendute oltre 762mila confezioni nel 2022) alimentino una criptoabortività contribuisce la constatazione che l’abortività delle donne sotto i 19 anni «raggiunge l’11%», una quota ritenuta «elevata» dal ginecologo Giuseppe Noia, presidente di “Cuore in una goccia” onlus e componente del direttivo di Opa. Che conclude: «È un aborto fai-da-te che viene spacciato per uno spontaneo».

Da quando, nel 2006, ha cominciato a circolare in Italia la “pillola del giorno dopo” (dal 2011 anche la “pillola dei 5 giorni dopo”), conclude il rapporto di Opa «nonostante l’abortività apparente sia in calo, il dato corretto per l’impiego della contraccezione di emergenza mostra viceversa una complessiva crescita dell’abortività volontaria negli ultimi anni. In totale, nel periodo considerato si può stimare che l’uso delle pillole post-coitali abbia provocato più di 280 mila criptoaborti».

«Questo rapporto ha evidenziato che la legge 194, in questi 44 anni, ha avuto un costo notevole – conclude Francesca Romana Poleggi, componente del direttivo di Opa – in termini economici, un costo notevole in termini di complicazioni rispetto alla salute delle donne, non ha eliminato la piaga degli aborti clandestini, non ha migliorato la mortalità materna e infine ha negato il diritto alla vita a milioni di bambini. Quali benefici ha apportato alla società?». Una domanda a cui è difficile rispondere.

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