sabato 9 febbraio 2013
Stati vegetativi, l’auspicio di fondi sufficienti per la riabilitazione e l’assistenza domiciliare. Nel quarto anniversario della morte di Eluana Englaro, celebrata a Roma la giornata dedicata ai casi di minima coscienza.
INTERVISTA Roccella: «Le linee guida ci sono. Non siano deluse»
LA STORIA Una casa per Cristina, che “dorme” da 35 anni
COMMENTA E CONDIVIDI
​Si può fare di più. E tutto sommato con gli stessi (pochi) soldi attuali o quasi, secondo le associazioni. Intanto il ministro ha aperto ieri la “Giornata nazionale degli stati vegetativi” annunciando venti milioni di euro, bloccati da uno speciale vincolo di destinazione, che finanzieranno specifici progetti destinati a prendere in carico anche pazienti in stato vegetativo.«Con il decreto 18 ottobre 2012 in materia di tariffe per le prestazioni sanitarie – ha spiegato Renato Balduzzi – per la prima volta è stata prevista una specifica remunerazione per i casi ad alta intensità assistenziale trattati sia in riabilitazione sia in lungodegenza, con particolare riferimento anche ai pazienti in stato vegetativo o di minima coscienza». Fermo restando che per il trattamento e la presa in carico di questi disabili gravissimi «occorre insistere anche sulla via maestra dell’assistenza a domicilio e della residenzialità extraospedaliera». Esattamente, cioè, quanto chiedono famiglie e associazioni. «È consigliabile creare anche per il “dopo di noi” case famiglia con assistenza quasi esclusivamente sociale, ma con riferimenti sanitari – sottolinea Francesco Napolitano, presidente dell’Associazione Risveglio –. Chi sta un po’ meglio deve poter essere ospitato in residenze che diventano per lui luogo di vita e di reinserimento sociale» e costerebbe «meno di quanto fatto oggi, ottenendo più risultati». Tanto più che le idee non mancano, ma «i percorsi che vengono costruiti sulla carta vanno resi reali: occorre passare cioè dalla straordinarietà alla routine avanzata», secondo Paolo Maria Rossini, direttore della Clinica neurologica dell’Università Cattolica di Roma, che coordina il "tavolo" di lavoro sugli stati vegetativi insediatosi il 27 novembre scorso al ministero della Salute. Per il quale, «attraverso un lavoro che consenta una presa in carico dei pazienti e un orientamento alle famiglie, che non devono essere lasciate sole».Proprio quest’ultimo è tasto dolentissimo: «C’è bisogno di un protocollo – dice Fulvio De Nigris, direttore dell’associazione “Gli amici di Luca” – che deve essere prospettato alle famiglie subito dopo l’evento: va garantito il diritto all’accesso e al percorso di riabilitazione globale in base a un progetto personalizzato di assistenza sociosanitaria» ed è «fondamentale il coinvolgimento dei familiari da parte dalle strutture sanitarie».Il ministro poco prima aveva ricordato che «negli ultimi decenni abbiamo assistito ad un rilevante incremento del numero di pazienti con quadri clinici complessi, dominati da severe alterazioni dello stato di coscienza e bassa responsività che includono lo stato vegetativo, lo stato di minima coscienza e la sindrome locked-in».Eppure manca ancora un quadro realmente chiaro ed esaustivo del fenomeno e i livelli di assistenza sono profondamente disomogenei sul territorio nazionale. Allora secondo Balduzzi «gli stati vegetativi sono fenomeni che richiedono un’attenzione maggiore, anche sotto il profilo delle risorse»: a disegnare queste «e fare promesse siamo capaci tutti, ma è collegare attività con risorse la cartina di tornasole».Perciò a quel "tavolo" di lavoro sono stati dati indirizzi concreti, come l’aggiornamento delle conoscenze epidemiologiche dei bisogni di salute e dell’offerta dei servizi, la proposta modalità per l’integrazione dei dati raccolti con i flussi informativi dell’assistenza ospedaliera, residenziale e domiciliare. Così da mettere a punto i percorsi assistenziali.Ad esempio per fotografare l’esistente e rilevare il numero dei pazienti in stato vegetativo nel nostro Paese al 31 dicembre 2012, è stato predisposto un questionario che è stato consegnato sul territorio e che quando sarà riconsegnato ed elaborato, fornirà un primo quadro certo.L’ultima annotazione è l’appello rivolto alla politica sempre da Paolo Maria Rossini. La vicenda di Eluana Englaro ha spaccato l’Italia, ma ha anche causato gravissimi danni dal punto di vista della conoscenza della situazione di chi è in stato vegetativo o in minima coscienza: nel linguaggio comune si continua a parlare di "spina" da staccare, ma per questi gravissimi disabili non ce n’è alcuna da attaccare o staccare, visto che «le loro funzioni vitali sono totalmente autonome».
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: