Prosegue l’esame del ddl sulle unioni civili. Ma in Commissione Giustizia al Senato, nonostante l’inserimento nel testo base di un emendamento «premissivo » che potrebbe contribuire a fare chiarezza sull’impostazione e sui contenuti del provvedimento, sale la tensione tra Pd e Ncd. L’emendamento, come ricordano in una nota congiunta i parlamentari Pd Emma Fattorini, Stefano Lepri, Giuseppe Cucca e Giorgio Pagliari, introduce un concetto-premessa (di qui l’aggettivo «premissivo») riconoscendo «l’unione civile tra persone dello stesso sesso quale
istituto giuridico originario». Cioè, in teoria, non sovrapponibile al matrimonio. La relatrice Monica Cirinnà ha accettato di inserirlo nel testo base e questo potrebbe - potrebbe - propiziare altri seri cambiamenti. Certo, non è un punto di arrivo. Forse un nuovo inizio, se preluderà davvero a una profonda revisione del testo del ddl, per renderlo compatibile con la premessa. Gli autori dell’emendamento, infatti, sottolineano: «È un primo passo, che apprezziamo, a cui di conseguenza dovranno fare seguito cambiamenti nel testo, evitando rimandi automatici al matrimonio e prevedendo norme specifiche su alcuni diritti e doveri, da regolamentare nei primi articoli di legge». Secondo Maurizio Sacconi (Ap), però, «l’emendamento non risolve nulla. Per la giurisprudenza europea – dice il Presidente della Commissione lavoro del Senato – conta la rilevanza pubblica della unione attraverso la registrazione in quanto costituisce il presupposto dell’omologazione con il matrimonio. Il resto è solo formalismo giuridico». Non accenna dunque a diminuire la dialettica interna alla maggioranza (a suo tempo sono stati presentati 1.800 emendamenti al testo e martedì 286 sub-emendamenti alla premessa, sui quali Cirinnà ha già dato – in pratica con la sola eccezione di quello di ieri – parere negativo). Carlo Giovanardi annuncia che «il gruppo Ncd-Ap darà battaglia con tutti gli strumenti messi a disposizione dal regolamento del Senato». Ma un secco «no all’ostruzionismo di un alleato di governo» viene dal senatore Giorgio Tonini (Pd), che in un’intervista al Corriere della Sera ieri ventilava altrimenti il ricorso a un «piano b». «Tonini non minacci gli alleati», gli ha risposto in serata Eugenia Roccella (Ap), vicepresidente della Commissione Affari Sociali della Camera. «Le Unioni civili non fanno parte di un accordo di governo. E Tonini rifletta piuttosto se proporre un testo apparentemente ripulito, che però non si presta ad essere corretto, nel giro di pochi mesi, dai tribunali europei, come è già successo ad altro Paesi. Non sarebbe un 'traguardo nobile' - conclude Roccella - ma una banale presa in giro». Come si vede, non sono schermaglie politiche, ma questioni sostanziali, che non potranno non avere ripercussioni anche sui tempi dell’iter del documento, già difficile di per sé per l’ingorgo parlamentare con altri testi in discussione.