venerdì 25 luglio 2014
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La sinistra francese prende posizione contro il mercato delle “madri in affitto”, e già questa è una notizia. Ma l’elenco dei firmatari della petizione al presidente François Hollande – pubblicata con grande rilievo nei giorni scorsi dal quotidiano parigino «Libération» e integralmente riproposta da «Avvenire» – continua a riservare sorprese. A fianco di politici di rilievo come Jacques Delors e Lionel Jospin si trova anche la storica Marie-Josèphe Bonnet, esperta riconosciuta di questioni femminili e femministe. Il suo ultimo libro, Adieu le rebelles! (“Addio ai ribelli!”, Flammarion), è una denuncia durissima di quella che, secondo l’autrice, è l’involuzione piccolo-borghese e maschilista del movimento omosessuale. Decenni di contestazione dell’istituto familiare, ritenuto di per sé oppressivo, sono sfociati nella retorica del mariage pour tous, al quale si riconnette appunto la pretesa del figlio su commissione, nella quale Marie-Josèphe Bonnet riconosce l’ennesimo episodio di sfruttamento della donna. Una nuova forma di prostituzione e schiavitù, un’estrema resa alla logica disumanizzante della domanda e dell’offerta. L’analisi è per molti aspetti sovrapponibile a quella condotta, su temi in apparenza diversi, dal cosmopolita Ilija Trojanow nel pungente saggio L’uomo superfluo (traduzione di Andrea Bianchi, Nutrimenti, pagine 94, euro 10). Nato in Bulgaria, vissuto tra l’Africa e l’India, da tempo residente in Austria, con i suoi romanzi – in particolare nel Collezionista di mondi, incentrato sulla figura dell’orientalista Richard Burton – Trojanow ha proposto un’articolata riflessione sul colonialismo, di cui l’attuale globalizzazione rappresenta, ai suoi occhi, l’esito compiuto.L’uomo superfluo si richiama in modo abbastanza esplicito alle tesi da tempo sostenute da Zygmunt Bauman, rielaborandole però in modo originale e coinvolgente. Ammesso che il pianeta sia veramente sovrappopolato, chi decide, e in base a quali criteri, quale essere umano è “superfluo”? Trojanow suggerisce una risposta di disarmante semplicità: il mercato, che si sbarazza degli “esuberi” occupazionali e poi, una volta constatata l’espulsione dei reietti dal ciclo del consumo, ne sancisce la definitiva irrilevanza. A decretare lo statuto di “non-persona”, insomma, non è l’ideologia totalitaria, come aveva immaginato George Orwell in 1984, ma l’espressione più avanzata del legalismo libertario, come Aleksandr Solženicyn aveva preconizzato fin dal 1987 nel magistrale, e ampiamente misconosciuto, Discorso di Harvard. Anche sul versante della maternità surrogata, del resto, le previsioni sbagliate non sono state poche. Nel 1985, per esempio, la scrittrice canadese Margaret Atwood aveva pubblicato il romanzo distopico Il racconto dell’ancella, trasformato in film qualche anno dopo dal regista Volker Schlöndorff. La trama sembrerebbe rispecchiare la situazione odierna, con giovani donne fertili producono figli a beneficio di coppie infertili. Ma ci sono una serie di differenze niente affatto irrilevanti. La prima è che l’autrice – femminista a sua volta e molto amata dall’intellighenzia progressista – condanna vigorosamente un simile procedimento, insistendo sul fatto che, in questo modo, la madre vicaria viene ridotta a schiava, strumento, cosa. Le ragazze selezionate allo scopo perdono addirittura il nome proprio e vengono indicate attraverso l’appartenenza al rispettivo paterfamilias (la protagonista, per esempio, si chiama “Difred”, perché appartiene a Fred). E fin qui, verrebbe da dire, ci siamo. Ma dove Margaret Atwood aveva mancato il bersaglio era nell’ipotesi che una simile violenza potesse essere perpetrata su basi religiose. Il racconto dell’ancella è infatti ambientato nella fantomatica Repubblica di Galaad, lo Stato teocratico in cui gli Usa si sono ormai trasformati. Il degradante rituale al quale le donne sono sottoposte deriva da un’interpretazione letterale della Bibbia, del tutto analoga alla “legge coranica” che a quell’epoca veniva imposta in Iran dal regime degli ayatollah. Il messaggio non era difficile da decifrare: solo il libero pensiero salva, anche in Occidente la religione opprime. A trent’anni di distanza bisogna avere il coraggio di ammettere che non è andata così. A favore delle Difred di oggi si levano le voci dei credenti, mentre i presunti eredi dell’Illuminismo trovano accettabile che un essere umano possa essere il risultato di una transazione finanziaria. Non sarebbe, questo, un buon motivo per tornare a ribellarsi?
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