mercoledì 6 agosto 2014
​Il caso del bimbo down nato da utero in affitto e rifiutato dai genitori biologici australiani. Dalla Thailandia la richiesta di riunire i gemelli.
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​La stampa locale si è accampata davanti a una villetta di Bunbury, West Australia. I coniugi che ci vivono parrebbero essere i genitori biologici di Gammy, il bambino down nato da una madre surrogata thailandese e da loro rifiutato. La bambina della coppia, anche lei nata da una surrogata di Bangkok, potrebbe essere sua sorella, nata sana e portata in Australia. Nella storia di un caso paradigmatico di utero in affitto, finito molto male, da ieri però si rincorrono e stratificano le versioni. La coppia avrebbe affidato la propria a un amico di famiglia, che – mentre a sua volta smentisce i primi commenti attribuiti alla famiglia, secondo cui non sapevano nemmeno dell’esistenza di un secondo gemello – accusa la surrogata di mentire. Il parto sarebbe dovuto avvenire in un ospedale internazionale, ma i bambini sono nati in anticipo in una piccola struttura, che non riconosceva l’accordo fra le parti e lasciava i genitori biologici senza diritti. Alla coppia (che mai – dice l’amico di famiglia – avrebbe preteso l’aborto di un figlio down) sarebbe stato detto che Gammy, affetto da una grave sindrome cardiaca, avrebbe avuto soltanto un giorno di vita: la madre surrogata si sarebbe offerta di dare a Gammy un degno funerale. Le vicende politico-militari thailandesi avrebbero poi complicato la questione e i due sarebbero volati in Australia per non rischiare di perdere anche la figlia. La 21enne surrogata, Pattharamon Janbua, che ha scelto di tenersi Gammy, ribatte scandalizzata di non aver mai mentito e che «toccherà alla società esprimere un giudizio». La vicenda ha assunto contorni inquietanti quando è circolata la notizia che il padre biologico avrebbe in passato scontato una pena per abusi sessuali su minori. Lo confermerebbero documenti della Corte Suprema del West Australia citati dai media. La moglie dell’uomo avrebbe confermato di essere a conoscenza della condanna del marito. Alla notizia, a seconda delle fonti, Janbua avrebbe risposto pretendendo la restituzione della figlia o dichiarandosi disposta ad accoglierla. Intanto l’Agenzia australiana per la Tutela dei i minori ha confermato alla Bbc di aver avviato un’indagine per accertare l’idoneità del padre alla custodia della bimba.Un imbarazzato premier australiano, Tony Abbott, si è detto rincuorato dalle manifestazioni di solidarietà verso la madre e il bimbo (sono stati raccolti oltre 210mila dollari) mentre il Ministero della Salute thailandese ha annunciato una stretta decisa (e indagini approfondite) nei confronti di cliniche e agenzie per la maternità surrogata a scopo di lucro: si tratta di un mercato illegale da 120 milioni di dollari l’anno, con 20 agenzie, per la maggior parte proprietà di stranieri. Il Ministero sta anche considerando provvedimenti ai danni della madre surrogata: avrebbe preso almeno 15mila dollari per il suo servizio, contravvenendo alle leggi sul traffico di esseri umani. Janbua, dopo aver parlato con i media di tutto il mondo, ora rifiuta nuove interviste «perché esausta». Gammy intanto sta guarendo da un’infezione polmonare. E ancora non sa chi sono i suoi genitori.
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