Il cardinale olandese Willem Eijk ha fatto sentire la voce della comunità cattolica a protezione della vita umana dei più fragili scrivendo una lettera di tre pagine al ministro della salute Hugo de Jonge. Il 13 ottobre De Jonge aveva proposto alla seconda Camera del Paese un regolamento, approvato dalla maggioranza dei ministri e ora in fase di elaborazione, perché i pediatri non siano perseguiti dalla legge «se applicano l’eutanasia a bambini di età compresa fra 1 e 12 anni colpiti da malattie incurabili e da una sofferenza insopportabile nonostante le cure palliative». Per i neonati gravemente malati ci sono già regole che permettono di farli morire mentre fra i 12 e i 16 anni la legge ammette l’eutanasia con il consenso dei genitori. «Perché allargare ulteriormente il cerchio – si chiede il cardinale Eijk – quando lo stesso ministro De Jonge ha ammesso che si tratta di una minoranza?» (si parla di 5-10 casi all’anno). Per loro, aggiunge Eijk, «ci si deve concentrare sulla ricerca di cure palliative più efficienti».
De Jonge però insiste per tutelare quei medici per cui l’unica soluzione è porre fine alla vita dei bambini senza però essere puniti. Lo fa citando il protocollo di Groningen del 2005, documento approvato dall’associazione dei pediatri dei Paesi Bassi e usato come indicatore delle linee guida nazionali sull’eutanasia infantile in caso di sofferenza e disabilità incurabile del neonato. Il particolare fondamentale, a cui De Jonge non fa riferimento, è che il Protocollo non ha alcun valore legale: quindi il magistrato potrebbe, a sua discrezione, ignorarlo. «Si tratta anche di una questione economica, in quanto seguire tutte le regole imposte dalla legge è molto costoso», ha dichiarato Liesbeth van de Berg, come il premier Rutte del Partito liberale Vvd, asserendo che «l’eutanasia non dovrebbe neanche essere inserita nel Codice penale ma considerata come una pratica medica normale». Un concetto che suscita persino rabbia in questo periodo di rinnovata epidemia da Covid-19 in cui tutti i medici sono impegnati a salvare vite umane. Si tratta di un passo indietro rispetto alle conclusioni tratte dalla Commissione Schnabel, istituita nel 2014 dal governo con il compito di svolgere una ricerca approfondita sui conflitti della legge sull’eutanasia, in vigore dal 2002, che secondo il diritto internazionale olandese ed europeo andava contro il dovere di difendere la vita umana dei cittadini. Dopo due anni di lavori, all’unanimità il consiglio fu «di non cambiarla o allargarla, lasciando la punibilità di chi la violava». Due giorni fa proprio uno dei suoi membri, Maarten Verkerk, filosofo e studioso di etica, del Partito Cristiani Uniti, ha ribadito le conclusioni di allora: «Almeno si deve continuare a rendere difficile questa scelta di morte». Non certo agevolarla.
L'iniziativa del governo olandese, che non è ancora legge, trova opposizione in una parte della società e dei cattolici. Il cardinale Eijk: un'alternativa c'è
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