lunedì 6 febbraio 2023
Da san Giovanni Paolo II a Benedetto, a Francesco piena continuità sui concetti fondamentali. E una coerenza di concetti che vanno conosciuti per non assuefarsi alla "cultura di morte"
A lezione di princìpi per fermare il “pensiero unico”
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La recente dipartita del Papa emerito Benedetto XVI ha suscitato nel mondo intero una commossa partecipazione. Il suo pontificato ha segnato fortemente il cammino spirituale, sociale e culturale del popolo della vita. E naturalmente il mio personale. A lui si deve il richiamo ai principi non negoziabili: diritti naturali, insopprimibili e indisponibili, come il diritto alla vita, alla libertà di pensiero e religiosa, alla libertà di educazione, a un’economia al servizio della persona e del bene comune, alla giustizia sociale, alla libertà da ogni forma di schiavitù, alla solidarietà e alla sussidiarietà. Essi sono diritti inscritti nella natura stessa dell’uomo e per questo nessuna maggioranza li può intaccare o mutare poiché il loro peso assoluto deriva dal fatto che non sono, per l’appunto, il frutto di un’antecedente negoziazione: la loro alienazione comporta il crollo dell’intera impalcatura valoriale, con ricadute sull’intero corpo sociale.
L’espressione “principi non negoziabili” è stata utilizzata da papa Benedetto XVI, per la prima volta nel noto discorso al Convegno del Partito Popolare Europeo del 2006, sebbene fosse un concetto già largamente utilizzato da tempo nella dottrina della Chiesa. Il suo predecessore, san Giovanni Paolo II, pur non avendo mai utilizzato tale espressione, ha tuttavia dedicato nel suo pontificato grandissimo spazio al tema, dichiarando tali principi universali e non opinabili e richiamando i politici al compito di farli rispettare e promuovere. Nella sua esortazione apostolica post-sinodale Christifideles laici su vocazione e missione dei laici nella Chiesa e nel mondo (30 dicembre 1988), al n. 38, Giovanni Paolo II invita a venerare l'inviolabile diritto alla vita: «Il riconoscimento effettivo della dignità personale di ogni essere umano esige il rispetto, la difesa e la promozione dei diritti della persona umana. Si tratta di diritti naturali, universali e inviolabili: nessuno, né il singolo, né il gruppo, né l'autorità, né lo Stato, li può modificare né tanto meno li può eliminare, perché tali diritti provengono da Dio stesso. Ora l'inviolabilità della persona, riflesso dell'assoluta inviolabilità di Dio stesso, trova la sua prima e fondamentale espressione nell'inviolabilità della vita umana. È del tutto falso e illusorio il comune discorso, che peraltro giustamente viene fatto, sui diritti umani – come ad esempio sul diritto alla salute, alla casa, al lavoro, alla famiglia e alla cultura – se non si difende con la massima risolutezza il diritto alla vita, quale diritto primo e fontale, condizione per tutti gli altri diritti della persona».
E poi c’è l’enciclica Evangelium vitae (25 marzo 1995) da cui è impossibile estrarre passaggi, poiché dalla prima parola all’ultima è un inno alla vita. Non è un caso che proprio sotto il pontificato di san Giovanni Paolo II sia stata emanata dalla Congregazione per la Dottrina della Fede la Nota dottrinale circa alcune questioni riguardanti l’impegno e il comportamento dei cattolici nella vita politica (24 novembre 2002), dove al n. 4 sono enunciati i seguenti come principi determinanti vita, famiglia, libertà di educazione, tutela sociale dei minori, libertà religiosa, economia a servizio della persona, pace. La nota è firmata da colui che sarebbe divenuto Papa, il cardinale Ratzinger.
Il pontificato di papa Francesco, da una lettura superficiale ed approssimativa, sembrerebbe essere meno esplicito in tema di riferimenti ai principi non negoziabili. Tuttavia il fatto che egli sembri insistere più su altri temi non significa certamente che stia cambiando la dottrina, più volte ribadita con forza, ma che mette in atto una diversa strategia pastorale. Papa Francesco infatti non cita espressamente i “principi non negoziabili” come tali ma molto spesso ne declina i contenuti, sottolineandone il ruolo fondamentale. Nell’enciclica Laudato si’ (24 maggio 2015) ha sottolineato chiaramente la centrale necessità della tutela dell’embrione umano. Sempre con riferimento alla vita, è chiarissimo poi il suo pensiero nell’esortazione apostolica Evangelii gaudium (24 novembre 2013) al n. 213: «Tra questi deboli, di cui la Chiesa vuole prendersi cura con predilezione, ci sono anche i bambini nascituri, che sono i più indifesi e innocenti di tutti, ai quali oggi si vuole negare la dignità umana al fine di poterne fare quello che si vuole, togliendo loro la vita e promuovendo legislazioni in modo che nessuno possa impedirlo. (…) Questa difesa della vita nascente è intimamente legata alla difesa di qualsiasi diritto umano. Suppone la convinzione che un essere umano è sempre sacro e inviolabile, in qualunque situazione e in ogni fase del suo sviluppo. È un fine in sé stesso e mai un mezzo per risolvere altre difficoltà. Se cade questa convinzione, non rimangono solide e permanenti fondamenta per la difesa dei diritti umani, che sarebbero sempre soggetti alle convenienze contingenti dei potenti di turno».
Il messaggio predisposto dalla Conferenza episcopale italiana per la XLV Giornata per la vita mette in guardia dai rischi della diffusione di una sempre più pervasiva “cultura di morte”, cui tutti e tre i pontificati fanno riferimento. Prendere coscienza di tale cultura distruttiva della vita e della dignità umana, particolarmente sui temi etici relativi ai fenomeni della vita quali salute, procreazione, nascita, morte, diritti dei bambini e degli adolescenti, degli anziani, delle persone disabili e dei fragili, per il suo impatto sulle basi stesse della vita, è fondamentale per descrivere l'idea di umanità che vogliamo essere e di società che vogliamo per i nostri figli. La cultura di morte, come ammaliante sirena, confonde le menti e le coscienze, mistificando la realtà oggettiva, antropologica e scientifica (come per l’aborto), propina un mix di egoismo, ideologia e interessi economici, spacciandoli per azioni misericordiose (come per l’eutanasia), scientemente aspira a rovesciare e demolire le più intime prerogative dell’uomo attraverso un’imponente e capillare opera di deresponsabilizzazione dell’agire umano, facendo leva in particolar modo sulle giovani generazioni, e intenzionalmente pone sullo stesso piano i diritti civili con i diritti umani. Ma è ben evidente che, mentre i diritti civili sono frutto di negoziazione e prodotti da una maggioranza, i diritti umani non potranno mai esserlo. Per questo motivo la diversità culturale e il pluralismo non possono mai essere invocati per violare la dignità umana e le libertà fondamentali. Senza questa convinzione si minano la solidità e le fondamenta per la difesa dei diritti umani, che sarebbero sempre soggetti alle convenienze contingenti dei potenti di turno. Si mina sostanzialmente la stessa laicità dello Stato, la stessa democrazia.
L’emergenza etica sollevata dalla cultura di morte ha un risvolto più drammatico quando, come sta accadendo, diviene anche emergenza politica. Uso la parola “politica” nel suo senso più nobile: come riflessione e azione riguardanti l’assetto, la struttura, il finalismo della “polis”. Il senso della politica è il servizio all’uomo (questa è la sua specifica eticità), ma è sempre più evidente come la cultura di morte diffonda e imponga il suo “pensiero unico”, anche tramite la biopolitica, cioè attraverso le ricadute legislative delle questioni bioetiche, mediante la totale presa in carico e gestione della vita biologica da parte del potere. Le devastanti conseguenze della biopolitica e dell’arbitrio della politica nelle questioni che attengono la vita umana trovano terreno fertile proprio nella cultura di morte: a ciascuno di noi il compito di smascherarla e di diffondere una sempre più concreta ed efficace cultura della vita, perché è chiaro che su questi temi non è in gioco solo la fede cattolica ma tutto il nostro umanesimo, riflesso anche nella Costituzione. Non si tratta dunque di una contrapposizione fra “morale laica” e “morale cattolica” ma del rispetto per la vera dignità di ogni persona nell’orizzonte fondante dei diritti umani, primo tra tutti quello alla vita.
Occorre dunque squarciare il fitto velo del “pensiero unico”, foriero di una dittatura ideologica, che ha come primo obiettivo quello di anestetizzare le coscienze dei suoi “sudditi”. Ma Dio ci ha resi liberi.

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