giovedì 12 giugno 2014
​Anche in Italia si potrà donare il proprio corpo alla ricerca. Lo prevede il testo unificato approvato alla Camera. Il teologo Cozzoli: fine nobile, ma ci deve essere il massimo rispetto.
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Anche in Italia si potrà donare il proprio corpo dopo morti alla ricerca scientifica. La Commissione Affari sociali della Camera dei deputati ha approvato in sede legislativa il testo di legge che disciplina la "disposizione del proprio e dei tessuti post mortem a fini di studio e ricerca scientifica" che passa, dunque, direttamente in discussione al Senato. Il testo prevede che la dichiarazione debba essere effettuata dal dichiarante sotto forma di atto pubblico o scrittura privata autenticata e che, in seguito alla certificazione del decesso e trascorse 24 ore in obitorio, il corpo possa essere acquisito dal centro di riferimento che lo utilizzerà a fini di studio e ricerca, previa comunicazione all'ufficio di stato civile del Comune di residenza del defunto. L'ufficio procederà quindi all'iscrizione in un elenco speciale. I centri di riferimento ai quali i dichiaranti potranno destinare la propria salma saranno individuati dal ministero della Salute, in collaborazione con il ministero dell'Istruzione, università e ricerca. Gli stessi centri potranno disporre dei corpi per due anni, al termine dei quali dovranno restituirli alle famiglie, sostenendo i costi di trasporto, tumulazione ed eventuale cremazione. Il testo chiarisce che entro tre mesi dall'entrata in vigore della legge il ministro della Salute dovrà procedere alla redazione e pubblicazione del regolamento attuativo attraverso il quale stabilire le modalità di acquisizione, utilizzo e restituzione dei corpi e di comunicazione tra i centri di riferimento e gli uffici comunali di stato civile. Lo stanziamento previsto per l'attuazione della legge è di 2 milioni di euro all'anno, individuati , per il triennio 2014-2016, nel programma "Fondi di riserva e speciali" della missione "Fondi da ripartire" del ministero dell'Economia e delle finanze. L'approvazione del testo, per il presidente della commissione Affari sociali, Pierpaolo Vargiu, "è un grande passo in avanti per la ricerca e la didattica nelle università italiane e per gli studenti di medicina e chirurgia. Finalmente la Commissione, con un'iniziativa tutta sua, licenzia un testo che libera nuove opportunità per la formazione dei medici di domani. Il ricorso alla sede legislativa in Commissione - ha aggiunto - è positivo e da incoraggiare anche su altri temi se non vogliamo che il Parlamento si muova solo a colpi di decreti legge". "È stato un dibattito lungo e complesso che finalmente si è concluso - ha commentato la deputata e membro della commissione Paola Binetti - Si tratta di un'opportunità per la facoltà di medicina e per la specialità di chirurgia. Un valore aggiunto per la formazione didattica e la ricerca - ha concluso - cuore stesso della facoltà di medicina".

Interpellato da Avvenire, Mauro Cozzoli, docente di Teologia morale alla Pontificia Università Lateranense, spiega che "il corpo biologico, unito all’anima nel decorso terreno della vita, costituisce il vivente umano, per cui non ha un valore di uso al pari di una cosa o di uno strumento qualunque. Staccato dall’anima con la morte, il corpo diventa cadavere: come tale può essere destinato a finalità di studio, ricerca e formazione. Questa destinazione anzi è un fine nobile, motivato da carità terapeutica: vale a dire dall’utilizzo di qualcosa di sé per il progresso medico e quindi per la cura e la guarigione di altri». Ovvio che questo uso debba avvenire in base a precise condizioni, a cominciare dal «consenso dell’individuo, il massimo rispetto del corpo in questione» e, ultimo ma non meno importante, «che tra la morte dell’individuo e la destinazione del corpo alla ricerca non ci sia nessuna connessione» .​

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