giovedì 13 novembre 2014
​Donne candidate a ricevere embrioni concepiti in vitro ce n’è in abbondanza, ma le banche del seme sono vuote. E così i centri di procreazione assistita toscani si rivolgono alle biobanche estere.
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Donne candidate a ricevere embrioni concepiti in vitro ce n’è in abbondanza, ma le banche del seme sono vuote. E così i centri di procreazione assistita toscani si rivolgono alle biobanche estere. È dura – ammettono gli addetti ai lavori – convincere una donna a donare ovociti a titolo gratuito e volontario (così come prevede la normativa regionale) ad altre donne. E anche i donatori maschi sono latitanti. L’iter, peraltro, è complesso: i donatori – uomini e donne – devono fornire notizie sullo stato di salute di entrambi i genitori biologici, essere in grado di intendere e di volere, essere in buone condizioni di salute psico-fisica e non presentare all’anamnesi elementi che indirizzino verso malattie ereditarie e familiari. La donatrice, poi, deve presentare caratteristiche cliniche compatibili con una donazione, cicli mestruali regolari, assenza di patologie ovariche ed endocrinologiche. Ma soprattutto entrambi devono sottoporsi ad accurati (e costosi) test sierologici e batteriologici. E non è detto che, una volta conservati, i loro gameti sia donabili. Così il Centro di procreazione medicalmente assistita della Usl 12 di Viareggio – struttura di coordinamento regionale per omologa ed eterologa – si è rivolto «a due istituti del nord Europa», dichiara la responsabile, Cristiana Parri. All’estero, si sa, i donatori si trovano, anche perché ricevono un compenso. E il costo su chi ricade? «La coppia ricevente dovrà pagare un ticket di 500 euro – continua Parri –, al resto provvede il Servizio sanitario regionale». In che modo? Corrispondendo «2.800 euro all’istituto per gli ovociti e 400 euro per gli spermatozoi». Ma in questo modo non si aggira la delibera regionale, che parlava di donatori volontari e gratuiti? La responsabile del Centro di Viareggio osserva come non dobbiamo pensare all’invio del kit da un istituto estero come una «operazione di compravendita», piuttosto come una normale collaborazione tra enti seri che si occupano della stessa materia. E gli altri centri? «Ho la percezione – che il problema che abbiamo noi si presenti nello stesso modo anche nelle altre strutture pubbliche toscane». L’assessore regionale al Diritto alla salute Luigi Maroni sostiene che sarebbe più corretto parlare di «rimborso spese» fra enti: «La selezione, la conservazione, il trasporto dei gameti ha un costo, che è giusto riconoscere». Quanto all’assenza di donatori italiani, per Maroni «siamo solo agli inizi, va sviluppata una cultura del dono. Anche quando, in passato, si aprì alla possibilità della donazione del sangue, nei primi tempi nessuno si recava ai centri trasfusionali». Sarà per questo che il 29 ottobre è uscito sulla Gazzetta ufficiale Ue un avviso di gara: «L’azienda ospedaliera universitaria Careggi intende conoscere quali istituti, in possesso dei requisiti necessari, sono interessati a collaborare, all’occorrenza, per l’approvvigionamento di gameti». Candidature entro il 16 novembre.
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