giovedì 14 aprile 2011
La strategia di chi avversa la norma sulle «Dichiarazioni anticipate di trattamento» è già decisa: dopo l’approvazione alle Camere niente referendum, meglio l’attacco per via giudiziaria. Ma per evitare i ricorsi a tribunali e Consulta, il provvedimento può ancora essere chiarito in alcuni punti chiave.
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Fatta la legge, trovato l’inganno. Sul modello di quanto avvenuto con la legge 40, Beppino Englaro ha già lanciato la pietra. «Voglio vedere quando a qualcuno capiterà qualcosa di simile a quello che ha passato dalla mia famiglia – ha detto nel corso di un confronto sul fine vita a Torino giovedì scorso – se non impugnerà davanti alla magistratura il proprio diritto di decidere». Il riferimento è, ovviamente, al ddl Calabrò in discussione alla Camera. Per questo è lecito domandarsi se il testo all’ordine del giorno il 27 aprile sia sufficientemente stringente, al punto da non offrire il fianco a interpretazioni di segno contrario. Il dibattito sembra ruotare attorno agli articoli 3 e 7. In ogni caso, la parola va per primo al parlamentare Pdl Domenico Di Virgilio, relatore della legge a Montecitorio. Qualche dubbio, intanto, lo esprime sulla data in calendario: «La legge il 27 è al quarto punto dell’ordine del giorno, per cui potrebbe slittare ancora...». Entrando nel merito, Di Virgilio sottolinea che «la legge è perfettibile, ma i suoi paletti sono immodificabili. Da un lato il "no" all’eutanasia, all’accanimento o all’abbondono terapeutico, dall’altro la non vincolabilità delle dichiarazioni anticipate di trattamento». Rispetto al testo uscito dal Senato, Di Virgilio segnala alcune migliorie: «Come il comma 5 dell’articolo 3, che prevede la possibilità di interrompere idratazione e alimentazione se non più assimilabili dall’organismo». Qualche dubbio lo solleva Paola Binetti (Udc), che fa riferimento anche ai biotestamenti raccolti dai Registri comunali in giro per l’Italia (a questo proposito, l’associazione radicale Luca Coscioni sembra aver accelerato la corsa proprio a ridosso della discussione in Parlamento). «Di per sé, ricorrendo in tribunale, è difficile che il magistrato non tenga conto delle volontà espresse dal paziente. Bisogna però vedere se sono richieste conformi alla legge oppure no: non è cosa sempre scontata, come dimostra il caso Eluana». D’altra parte, non avrebbe senso «una legge totalmente blindata, perché l’ultima parola va lasciata al medico, che deve applicare le sue conoscienze al caso specifico». Per questo, ciò di cui c’è bisogno è una legge «sufficientemente stringente». Il testo attuale, secondo la Binetti, «è perfetto dal punto di vista dei principi, mentre l’articolato potrebbe prestarsi a un accanimento giudiziario e per questo va reso più chiaro». Per la Binetti significa esplicitare prima di tutto proprio il comma 5 dell’articolo 3, di cui parlavamo sopra. «Bisogna precisare meglio che nutrizione e idratazione non vanno mai sospese. Punto. Solo in seconda battuta si può citare il caso in cui è necessario interromperle». Non solo: «All’articolo 7 bisogna dire più chiaramente che non sussiste l’obbligo del medico di applicare la dichiarazione. Su questo, sarebbe meglio tornare alla versione della legge prevista in Senato». Infine all’articolo 2, dove si parla di salute psicofisica, «sarebbe importante introdurre anche il termine "vita", perché non basta il riferimento alla salute».A proposito dei Registri comunali dei biotestamenti, il parlamentare Pdl Gabriele Toccafondi ritiene che la circolare dei ministri Maroni, Sacconi e Fazio sia sufficiente a determinare «una volta votata la legge, che quei Registri sono del tutto inutili, mettendo così fine all’attuale anarchia». Secondo Toccafondi, «sarebbe stato meglio non arrivare a una legge in materia, ma dopo il caso Eluana è improrogabile, per mettere un argine a una deriva eutanasica. Bisogna poi tenere conto che non possiamo fare una legge come se scrivessimo su una pagina bianca. Ci sono elementi, come ad esempio le dichiarazioni anticipate, che dobbiamo inserire proprio in seguito a chi ha usato giudici e Registri per esercitare una forzatura normativa». Pur non avendo problemi a votare la legge così com’è, qualche riserva la esprime anche lui sull’articolo 3: «Mi sembra di buon senso stabilire che in certi casi può essere sospesa l’alimentazione, ma temo che qualcuno possa usare questo punto come una breccia per forzare la mano di qualche giudice». Anche secondo il giurista Luciano Eusebi, docente all’Università Cattolica, «bisogna chiarire meglio, rispetto al testo uscito dalle commissioni, che le dichiarazioni anticipate sono sì utili al medico per le sue valutazioni ma non possono avere un valore a prescindere dal contesto. È infatti in base a una serie di elementi che il medico può valutare se la terapia è proporzionata oppure no, nell’interesse del malato. Non bisogna contraddire la logica dell’alleanza terapeutica».
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