Non sempre i mali vengono per nuocere. Perché, dopo la campagna di
Avvenire per scalfire la granitica faziosità e il «nichilismo bonario» di
Vieni via con me (e della stragrande maggioranza dei mass media), qualcosa è cambiato. La tivù ha preso a svegliarsi. E, soprattutto, adesso le famiglie pro-vita, quelle che hanno in casa una persona in stato vegetativo o con una gravissima disabilità, amandola e curandola ventiquattr’ore al giorno, vedono il futuro in qualche modo migliore del passato. Sebbene per queste stesse famiglie i problemi e le grandi difficoltà restino: tutti e tutte.«Raccontare in queste settimane – spiega Massimo Pandolfi, presidente del club "L’inguaribile voglia di vivere" – tante storie di gente che resiste ma soprattutto esiste, e riesce anche a essere felice, spero ci abbia fatto comprendere quale deve essere il compito di una società che vuole ritenersi civile: aiutare, con l’amore, il sostegno, l’amicizia, magari anche le medicine e i soldi, chi non ce la fa più a ridare un significato, un valore, una dignità, alla propria vita. Ed è possibile farlo». Troppe teste si giravano sprezzantemente dall’altra parte. Mentre influenti sponsorizzazioni premevano per convincere che la morte sarebbe "libertà" e vera "dignità". Forse ora tanti la pensano diversamente. Grazie a «una grande mobilitazione, una grande sensibilizzazione – sottolinea Fulvio De Nigris, direttore Centro studi ricerca sul coma "Gli amici di Luca" – che ha permesso ai familiari delle persone in stato vegetativo e di minima coscienza, a coloro che vivono direttamente la disabilità di farsi vedere per dare la propria diretta testimonianza di vita». Così, secondo De Nigris, c’è «stata un’onda emotiva che ha permesso anche, e soprattutto, di parlare di dati ed emergenze, di raccontare le difficoltà, la necessità di servizi per l’assistenza, di strutture adeguate, di un intervento diretto delle Regioni su precise linee guida del governo per condividere, accompagnare ed aiutare».Certo, nessuno si nasconde che «resta amarezza per una voce negata – ricorda Rosaria Elefante, vicepresidente di Vi.Ve. (Vite vegetative) – né quanta poca informazione ancora esista su persone gravemente disabili come chi è in stato vegetativo». Tuttavia «proprio questa voce che è stata negata, proprio il quadro offerto dalla trasmissione di Fazio e Saviano, dimostrano quanto sia fondamentale l’attività delle famiglie e delle associazioni: perché è evidente che la solidarietà e la tutela della salute degli incapaci sono argomenti che ancora vanno affrontati come si deve. Soprattutto adoperando la verità». Perciò anche secondo Giancarlo Pivetta, presidente dell’"Associazione amici di Ale onlus" (impegnata da un anno e mezzo per aprire a Pordenone una "Casa dei risvegli", che ha già avuto in donazione il terreno dal Comune), «che
Vieni via con me ci abbia negato la possibilità di parlare ha fatto in realtà riflettere le persone. Avere voluto esprimere solamente un punto di vista, quello che "spinge" verso la morte, forse ha invece convinto la gente che è meglio e più bello "spingere" verso la vita». C’è un filo di fiducia in più. Di speranza in più. A sentire Claudio Taliento, vicepresidente dell’"Associazione Risveglio", «al di là dei messaggi mediatici sempre di un certo tipo lanciati da Fazio e Saviano, il presidente e il direttore generale della Rai hanno mantenuto gli impegni che avevano preso con noi, cominciando a dare spazio anche ad altri messaggi, quelli per la vita». E allora, adesso, «guardando la realtà delle cose di chi le vive, la verità, la gente comincia quanto meno a porsi delle domande...».Elena Villa, presidente dell’Associazione Arco ’92, dice di sperare «che questo periodo non si riduca soltanto a un momento. Sono anni che noi ci battiamo sui nostri tanti problemi». Infine anche Paolo Fogar, il presidente della "Federazione nazionale associazioni trauma cranico", afferma che «restano i problemi delle persone. Noi siamo famiglie, siamo per la vita, ma per vivere la vita. A noi non interessa fare schieramenti, interessa che non ci si proclami solamente "pro-vita", ma la vita la si aiuti: con-cre-ta-men-te!».