Patty (al centro). A sinistra, Rita Bianco
«Non me la sento proprio di lasciarmi andare. Perché se esiste una speranza ci voglio provare… Mi chiamo Paolo Palumbo ed ho 22 anni e ho la SLA». Questo brano, Paolo Palumbo, 26enne di Oristano, insieme al rapper Kumalibre, l’ha presentato al Festival di Sanremo del 2020. E Io sono Paolo ormai è diventato l’inno di resistenza alla malattia, un monito di speranza quotidiana per i circa 6mila malati di Sla (Sclerosi laterale amiotrofica) in Italia di cui domenica 17 settembre, in tutte le piazze, si celebra la XVI Giornata Nazionale Sla.
A Matera, sul sagrato della Parrocchia Maria Madre della Chiesa, Rita Bianco, i soci e i volontari dell’Associazione “Con Cuore Impavido”, come ogni anno stanno allestendo il chiosco per la vendita delle bottiglie di Barbera d’Asti donate dalle cantine piemontesi, il cui ricavato andrà anche in favore dei malati di Sla della Basilicata. Una piccola realtà quella di “Con Cuore Impavido” ma che in pochi anni ha già fatto grandi cose. «Siamo nati a Matera il 22 novembre 2015 e l’Associazione è il frutto dell’esperienza del suo presidente onorario, Vincenzo Manzari, scomparso nel 2019, e della nostra famiglia. Nel 2015 abbiamo vissuto uno dei momenti più traumatici, con gli interventi di tracheostomia e peg, così decidemmo di unire le forze per aiutare quanti si trovavano nelle nostre stesse condizioni», spiega la presidente Rita Bianco che sul sito di “Con Cuore Impavido” scrive: «Mentre ero in trincea a combattere contro la Sla, mi sono accorta di non essere sola, e di avere intorno tanti amici. Così è nata la nostra Associazione». Un’Associazione che è diventata un punto di riferimento per i malati lucani e le loro famiglie.
Un simbolo di resistenza incarnato da creature speciali come Patrizia Salacone, per tutti “Patty di Venosa”, malata di Sla da quasi 28 anni. Ispirato alla storia di Patty e di Paolo Palumbo, domenica sera all’ex Ospedale di San Rocco la compagnia Skenè Teatro porta in scena il corto teatrale
Solo Luce Attorno.
A illuminare il racconto le parole bellissime di Paolo Palumbo, pronunciate nel 2020 al Festival di Sanremo con il comunicatore vocale a controllo oculare, e i testi dei libri che Patty ha scritto in questi anni, compresi gli ultimi due volumi
Messaggini: Amore con le ali.
( Edierreditrice) «Conoscere Patty e sua mamma Gina mi ha ridonato la voglia di continuare ad impegnarmi, per lei e per tutti quelli che vivono la Sla con coraggio e inimmaginabile forza d’animo. In più Patty ci mette una fede straordinaria, che le consente di incoraggiare tutti noi a non mollare mai, a credere nella grazia di Dio che ci protegge anche da questa terribile malattia».
Anche con la Sla, lo chef Paolo Palumbo insegna che ci si può messaggiare con gli amici (lo aiuta al telefonino il fratello Rosario) e continuare a scrivere ricette di cucina come nel suo libro Sapori a colori (Arkadia): ricette pensate per chi ha problemi di deglutizione. Del resto, Per volare mi bastano gli occhi (Rizzoli), recita il titolo dell’autobiografia, in cui Paolo racconta la sua esistenza da “leone”, che ha avuto la fortuna di incontrare l’ex presidente degli Stati Uniti Barack Obama e papa Francesco. Patty ha fatto arrivare la sua storia fino a papa Giovanni Paolo II. Lei e Paolo sono i “Supereroi”, i vincitori della prima edizione del “Premio Con Cuore Impavido”. «La categoria “Supereroi” è un riconoscimento che quest’anno daremo a Patty e Paolo, in quanto testimoni della lotta alla Sla con le loro vite e il loro talento, espresso nel campo della scrittura e della musica. Poi dalla prossima edizione apriremo alle altre categorie per premiare tutte quelle figure che si impegnano ogni giorno sul campo (medici, ricercatori, infermieri, assistenti sociali, giornalisti...).
«Noi di “Con Cuore Impavido” oggi quando incontriamo un malato di Sla sappiamo esattamente di cosa ha bisogno. Interveniamo con donazioni, rimborsando le spese di trasporto in ambulanza, fornendo mezzi di assistenza e la vicinanza nei momenti difficili, ma non siamo medici. Purtroppo le famiglie dei malati spesso sono profondamente disorientate, a volte avvertono un senso di isolamento e di solitudine difficile da sanare. Questo, specie nella nostra regione che non ha ancora adottato un Pdta (Percorso diagnostico terapeutico assistenziale specifico) per la Sla, è un problema enorme. Così, il supporto morale e umano dei nostri soci-volontari diventa l’unico sostegno, l’ultima speranza alla quale i malati e i loro familiari possono aggrapparsi. Operiamo con la massima umiltà e la costante benedizione del nostro vescovo di Matera, Pino Caiazzo, che ci è vicino dal primo giorno... Sappiamo che la Sla è anche conosciuta come “il morbo del pallone”, per i tanti calciatori vittime dalla malattia (non ultimo lo storico capitano del Potenza Leonardo Volturno) – conclude Rita Bianco –. Ma il calcio italiano finora, a parte la Fondazione Vialli-Mauro, non ci risulta abbia fatto molto per aiutare la ricerca. Forse dovrebbero prendere esempio da O.J.Brigance, leggenda del football americano, che con sua moglie Chandra negli Usa ha fondato l’associazione “Brigance Brigade”. Ho letto la sua autobiografia e ho scritto e Brigance che dopo pochi giorni mi ha risposto: “Qualche volta nella vita non abbiamo la facoltà di scegliere il nostro compito. Spesso ci viene chiesto se lo approviamo o meno. Ogni cosa ha uno scopo in questa vita, e molte volte si rivela attraverso le nostre avversità”».