Dalla regista Cristina Comencini alla scrittrice Dacia Maraini, dalle suore orsoline di Casa Rut a Caserta ad Anna Pozzi di Slaves no more: è vario e trasversale l'elenco di firmatari dell'appello contro la pratica dell'utero in affitto pubblicato oggi sul sito www.cheliberta.it. Un elenco che ha il suo nocciolo nel network femminile Se non ora quando, nato nel 2011 per riequilibrare l'immagine femminile "offuscata" (si fa per dire) dallo scandalo Olgettine che aveva coinvolto l'allora premier Berlusconi. Ebbene, oggi quel network dichiara di essere a fianco al vasto movimento femminista internazionale che ha elaborato una ferma opposizione alla maternità surrogata e che il 2 febbraio si troverà a Parigi. Ecco il testo dell'appello: «Noi rifiutiamo di considerare la “maternità surrogata” un atto di libertà o di amore. In Italia è vietata, ma nel mondo in cui viviamo l’altrove è qui: “committenti” italiani possono trovare in altri paesi una donna che “porti” un figlio per loro. Non possiamo accettare, solo perché la tecnica lo rende possibile, e in nome di presunti diritti individuali, che le donne tornino a essere oggetti a disposizione: non più del patriarca ma del mercato. Vogliamo che la maternità surrogata sia messa al bando. Oggi, per la prima volta nella storia, la maternità incontra la libertà. Si può scegliere di essere o non essere madri. La maternità, scelta e non subìta, apre a un’idea più ricca della libertà e della stessa umanità: il percorso di vita che una donna e il suo futuro bambino compiono insieme è un’avventura umana straordinaria. I bambini non sono cose da vendere o da “donare”. Se vengono programmaticamente scissi dalla storia che li ha portati alla luce e che comunque è la loro, i bambini diventano merce. Siamo favorevoli al pieno riconoscimento dei diritti civili per lesbiche e gay, ma diciamo a tutti, anche agli eterosessuali: il desiderio di figli non può diventare un diritto da affermare a ogni costo. CI APPELLIAMO ALL’EUROPA Nessun essere umano può essere ridotto a mezzo. Noi guardiamo al mondo e all’umanità ispirandoci a questo principio fondativo della civiltà europea. Facciamo appello alle istituzioni europee – Parlamento, Commissione e Consiglio – affinchè la pratica della maternità surrogata venga dichiarata illegale in Europa e sia messa al bando a livello globale».
Seguono le firme, al momento 64, ma destinate a crescere. Sì perché la pratica della maternità surrogata, che da tempo Avvenire denuncia come uno sfruttamento delle donne più povere del globo, ha ormai un vastissimo fronte contrario. E a poco serviranno le incredibili denunce di omofobia che alcuni ambienti vicini ai gruppi omosessuali hanno rivolto alle femministe anti-surrogata.