La definiscono la malattia delle quattro A: amnesia, afasia, agnosia, aprassia. L’Alzheimer, di cui oggi ricorre la XXIV Giornata mondiale, continua a suscitare progetti e interessi, e a coinvolgere ricercatori, e soprattutto familiari e operatori. Certamente inquietano i numeri commentati nella giornata di studi organizzata martedì a Milano dalla Federazione Alzheimer Italia: nel 2015 l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) ha evidenziato che nel mondo sono 46,8 milioni le persone affette da demenza e che ogni tre secondi si registra un nuovo caso di malattia.
In Italia si stima che i malati siano circa un milione e 241mila e i costi ammontino a 37,6 miliardi di euro. Il vero problema per Gabriella Salvini Porro, presidente della Federazione, è la disinformazione: «La non comprensione del fenomeno non aiuta a sensibilizzare sulla malattia. I non addetti al settore, o chi non ha avuto un’esperienza diretta con una persona affetta da demenza, etichettano a volte il paziente colpito da Alzheimer come malato di mente. Non si deve dimenticare invece l’immensa dignità della persona malata e quanto sia importante tutelarla».
Nel corso del 2017 ci sono state scoperte significative sulla malattia grazie a una ricerca italiana pubblicata da un’équipe di medici dell’Università Campus Bio-Medico, della Fondazione Santa Lucia e del Cnr di Roma. Si è compreso, infatti, che la malattia ha origine in seguito alla morte della parte del cervello che produce la dopamina con il conseguente mancato funzionamento dei neuroni. Se cure risolutive ancora non esistono, il luogo principale del sostegno al malato dell’Alzheimer però non è l’ospedale ma la residenza sociosanitaria, come ha ricordato Antonio Guaita, direttore della Fondazione Golci Cenci per la ricerca sull’invecchiamento cerebrale. La creazione di «Dementia Friendly Community», ovvero di luoghi dove le persone con demenza possono essere accolte e ascoltate, è la base per affrontare la malattia senza violare la sacralità della persona. Ne è convinto il cofondatore di «Dementia Alliance International», John Sandblom, cui dieci anni fa è stata diagnosticata la demenza. Secondo un rapporto dell’Ocse (l’Organizzazione per la coperazione e lo sviluppo economico) le persone affette da demenza ricevono proprio nei Paesi sviluppati cure peggiori rispetto ad altri malati. «A fine 2014 – dice la presidente Salvini Porro – è stato adotatto anche in Italia un piano di azione e ricerca sulle demenze, ma attualmente senza stanziamento di fondi. Occorre che l’Oms convinca il Ministero della Salute a destinare finanziamenti mirati alle sette aree di intervento previste, tra le quali la focalizzazione della demenza come priorità di salute pubblica, la riduzione del rischio, il sostegno ai familiari. Come federazione tra 47 associazioni su tutto il territorio nazionale, negli ultimi due anni abbiamo aumentato le azioni di sensibilizzazione e avviato il progetto di "Comunità Amiche delle Persone con Demenza", partito da Abbiategrasso e a oggi diffuso in otto città».
Sono numerosi i progetti che stanno crescendo in Italia su iniziativa delle associazioni e dei familiari. Come quello del comune di Conegliano, in provincia di Treviso, che ha dato vita a «Il Quartiere Amico». Dal giugno 2016, dopo un primo incontro di sensibilizzare sulla malattia rivolto ai cittadini, il quartiere "amico" è diventato quello in cui gli ospiti dell’«Opera Immacolata di Lourdes », residenza per anziani affetti da demenza, fruiscono di una rete di protezione, sostegno e inclusione grazie alla partecipazione di forze dell’ordine e commercianti. Tra i molti progetti significativi si segnala Casa Wanda, che a Roma opera in collaborazione con le parrocchie della diocesi. Sul modello della gestione integrata il centro, dotato anche di spazi esterni progettati per una stimolazione mentale e fisica del malato, sostiene le famiglie che vivono la perdita di memoria del parente tramite azioni concrete per diminuire gli oneri assistenziali, burocratici, economici e affettivi.
In Puglia va segnalata l’iniziativa «Nei volti dei familiari la miglior risposta» realizzata presso i centri Korian: alcuni ritrattisti hanno raffigurato i momenti più belli dei malati over 65 in compagnia dei loro familiari, affinché siano visibili gli effetti positivi delle emozioni e della serenità familiare. «Nell’abbraccio di chi li ama – spiega Aladar Bruno Ianes, direttore medico di Korian Italia – i malati possono trovare uno dei più potenti antidoti emotivi per rallentare il declino cognitivo e la perdita di sé causati dalla malattia».