![I giovani di Novara in cammino I giovani di Novara in cammino](https://www.avvenire.it/c/2018/PublishingImages/d13e18a27b0e4331a7acabc044d00215/Novara01.jpg?width=1024)
I giovani di Novara in cammino
I centri di pastorale giovanile, in questi giorni, sono ingombri di cartoni. Qualcuno va al biscottificio in diocesi e se ne viene a casa con un paio di quintali di biscotti per le colazioni dei giorni di cammino. I ragazzi aprono i cassetti e vivono la vertigine di chi ha messo sul letto una montagna di indumenti ed effetti personali, ma sa che nello zaino deve entrare solo il necessario.
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Basterebbe questa immagine per dire che c’è molto in gioco e molto già in movimento: gli uffici pastorali che ritrovano la sana agitazione di chi si è preso la briga di convocare e coinvolgere ed ora si ritrova a condurre, guidare, sostenere; le relazioni con il territorio che crescono e l’offerta di un po’ di biscotti non è la furbata di chi ottiene le cose senza pagare, ma la sorpresa di chi ha ricevuto solidarietà e ha barattato un po’ di cibo con una preghiera durante il pellegrinaggio; i giovani che finalmente si accorgono dell’inutile stipato nelle loro case e sono costretti a scegliere l’indispensabile - operazione quanto mai difficile e già di per sé educativa.
Siamo alla vigilia di un grande momento di Chiesa: il Sinodo plasticamente rappresentato da giovani che camminano in un gesto di comunità accompagnati da cristiani adulti (laici e preti) che non intendono sottrarsi alla domanda su cosa possa significare consegnare il Vangelo di Gesù a questo tempo; unica operazione in grado di farci sentire ancora generativi di qualcosa.
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Il punto è che il Vangelo non lo si consegna come un testo del passato, ma come qualcosa che vive nel cuore e lo anima. Altrimenti non accade nulla. E quindi la consegna a cui siamo chiamati come Chiesa che si interroga sui giovani, è una domanda che ci torna indietro: non sulla 'loro' fede, ma sulla nostra; non sulle 'loro' fatiche, ma sulle nostre. Ci stiamo chiedendo, da adulti che si mettono per strada accanto ai giovani, quanto e cosa arde nel cuore; ci stiamo chiedendo se sulla montagna, durante il discorso di Gesù, ci saremmo addormentati ascoltando le Beatitudini (per citare Tommaso Moro che rispondeva a chi gli chiedeva di giurare per il re).
Ci mettiamo per strada per ritrovare la direzione che porta a rendere testimonianza al Vangelo e all’umanità che esso vorrebbe promuovere. Operazione complessa, molto più di ciò che si possa pensare: chiede di non pretendere di stare sempre davanti, perché il passo dei giovani è più sicuro e rapido; chiede di ascoltarli e accoglierli, perché - come i polmoni - essi sono i primi sensori dell’aria che tira; chiede di trovare tempo e pazienza per accompagnarli, perché in questo esercizio (anche di silenzio fecondo) tutti si torna ad essere discepoli del Maestro, unica condizione per una Chiesa credibile.
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La «Ronda di notte» di Rembrandt, in realtà è un laicissimo quadro che ritrae un capitano mentre raccoglie la sua compagnia: nel buio della notte tutti si alzano invitati da un gesto semplice e autorevole. Non mancano i sorrisi e l’entusiasmo: le imprese comuni, di solito, scaldano il cuore degli uomini. Mi si perdoni l’accostamento, ma è un po’ l’immagine di questi giorni e di ciò che sta per accadere: una Parola che chiama, il Papa che incontra, ascolta e accoglie, una Chiesa che è madre e che - senza paura - torna a vivere la gioia dell’incontro con i suoi figli.
* responsabile del Servizio nazionale per la pastorale giovanile