venerdì 19 aprile 2019
Pur non essendo un termine biblico, il termine kenosis si ispira indiscutibilmente alle Scritture, in particolare a quella rara forma che appare nell'inno cristologico della Lettera ai Filippesi (Fil 2,7) là dove esso dice che Cristo «svuotò se stesso». È questa l'unica volta in tutta la Sacra Scrittura che il verbo "spogliare", "svuotare", "privare di forza", "ridurre a niente" - un verbo che nel Nuovo Testamento Paolo soltanto utilizza - conosce l'uso riflessivo. È Gesù stesso che prende l'iniziativa di svuotarsi, assumendo la condizione di servo. In verità, non fu uno "svuotamento" puntuale, ma esso è diventato, ai nostri occhi, la caratteristica permanente del cammino di Gesù, al punto che possiamo dire che tutto il suo itinerario in mezzo agli uomini fu una pratica "kenotica" di abbassamento, espressa nel dono radicale di sé. Il modo in cui Gesù assunse la condizione umana fu, sino alla fine, un servizio d'amore ai fratelli, riservando per se stesso l'ultimo posto, disponendosi a una progressiva umiliazione, ubbidendo fino alla morte, e morte di croce.
Ma questa kenosis volontaria di Gesù non eclissò la sua divinità: anzi, precisamente attraverso di essa Gesù rivelò la propria divinità e quella del Padre, perché «Dio è amore» (1Gv 4,8). La kenosis è diventata così la via di accesso perché noi possiamo toccare la bellezza di Cristo.
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