Le 24 cose da fare prima di Natale: un regalo, un abbraccio...
lunedì 27 novembre 2017

Un giorno per recuperare qualcosa che non si utilizza più (perché è passata l’età o è di troppo) e regalarlo a chi potrebbe averne bisogno. Un altro per entrare in chiesa, accendere una candela, chiudere gli occhi e pensare al Natale, un altro ancora per occuparsi di chi ci sta vicino, chiedere un aiuto per sé o per un amico. Ventiquattro giorni per condividere, regalare in silenzio, offrire sguardi, buone azioni e gentilezze al prossimo.

Dall’esperienza più che decennale del Messaggero dei ragazzi – rivista mensile edita dai frati minori conventuali della basilica di S. Antonio a Padova sin dal 1922 – è nata l’idea di una sorta di calendario dell’Avvento rivolto a ragazzi e ragazze preadolescenti, un percorso di avvicinamento al Natale fatto di 24 tappe, una al giorno dal primo al 24 dicembre. 24 cose da fare prima di Natale allegato al numero di novembre del MeRa, con i testi di Fra Simplicio, direttore del «Messaggero dei Ragazzi» e le illustrazioni di Giuliano Dinon – non invita ad aprire finestrelle né racchiude cioccolatini ma propone ai ragazzi di mettersi in gioco con riflessioni e azioni che coinvolgano il prossimo. Basta un’azione al giorno: spegnere il pc, lo smartphone, la tivù e segnare sul calendario per quante ore si è resistito; regalare giochi o vestiti in buono stato che non si usano più a chi ha bisogno, salutare le persone che s’incontrano per strada; condividere la merenda con il compagno che solitamente si evita; inviare un biglietto anonimo di auguri a una persona sola, a una famiglia di immigrati, a qualcuno con cui abbiamo litigato; chiedere a chi ci sta vicino, in primis ai genitori, come sta e come è andata la sua giornataNiente di difficile, tutto da tentare, un giorno dopo l’altro. Sarà naturale poi estendere l’Avvento a tutto l’anno.

Approdare dall’Africa profonda nel bel mezzo del rione Sanità a Napoli è per il giovane Uhuru come piombare su un altro pianeta. Arriva da un villaggio piccolissimo in un Paese in guerra da sempre, senza bagaglio, senza nulla. Ha l’aspetto di un barbone, e come un barbone si sistema su una panchina di fronte alla chiesa di padre Antonio. Ed è lì, in quella piazzetta in cui troneggia il monumento di un bambino ucciso per sbaglio da un proiettile vagante, che con spontaneità tre bambini gli si avvicinano, si interessano a lui, per via del suo giubbotto di pelle lo chiamano Aviato’ – come l’aviatore de “Il Piccolo Principe” di Saint- Exupéry – gli offrono cibo, gli raccontano di sé, delle proprie famiglie e del quartiere…

Quartiere difficile il rione Sanità, un luogo pieno di contraddizioni dove accanto alla generosità di alcuni, al lavoro infaticabile dei volontari del centro di accoglienza o della Casa dei Cristallini, rifugio sicuro per i bambini del quartiere, vigono l’illegalità, la violenza e la prepotenza, il crimine, la camorra. E Uhuru che voleva essere solo di passaggio e sognava di andare in Svizzera e trovare un lavoro, si ferma. Perché lì in mezzo al deserto del vivere sociale scopre l’energia, la bellezza e il cuore di chi i sogni e la speranza nel futuro cerca di metterli a portata di mano. Perché nulla è mai definitivamente irreversibile. Intrecciando fantasia e realtà Cristina Zagaria, giornalista e scrittrice, racconta con I piccoli principi del rione Sanità (Il Battello a Vapore Piemme; 15 euro) una storia vera nata alla Casa dei Cristallini del rione Sanità – sostenuta dalla Fondazione Riva - dove i bambini insieme ai volontari e a padre Antonio Loffredo, hanno animato un laboratorio di pittura dopo aver letto Il Piccolo Principe. In appendice la genesi del libro e la testimonianza di don Antonio. Da non mancare. Dai 13 anni

C’è Il Cantico delle creature e l’incipit della Divina Commedia, A Zacinto e Il cinque maggio, Il sabato del villaggio e La ballata del prode Anselmo, La cavalla storna, Stella Stellina e Che cosa ci vuole. Rodari accanto a Petrarca, Marinetti; Ada Negri a braccetto con Leopardi e Pascoli. I nonni – ma prima ancora tante generazioni di scolari - quelle poesie le hanno imparate per bene e le ripetevano cantando in una scuola che non tollerava inciampi e tentennamenti.

I genitori di oggi zoppicano nel recitarle, molti ricordano solo l’attacco perché c’è stato anche un tempo che mandare a memoria una poesia era considerato un inutile esercizio… Ma queste, come chiarisce il sottotitolo di Silvia, rimembri ancora? (Einaudi Ragazzi; 16,90 euro) sono le poesie italiane più amate, quelle che la memoria collettiva dovrebbe conservare anche solo in nome della bellezza. Prendendo a prestito l’attacco di una memorabile lirica leopardiana, il volume raccoglie, illustrate sapientemente e con tratto lieve da Sara Not, oltre una quarantina di poesie, veri monumenti della nostra storia, consegnati alla memoria di ciascuno. Beatrice Masini, cui è affidata l’introduzione ci ricorda che leggere poesia fa bene e incoraggia i giovani lettori a scegliere i versi che ritengono più avvincenti e a impararli a memoria, ripetendoli e recitandoli, da soli o in compagnia. Un giorno o l’altro anche se sembrerà di averli dimenticati, riaffioreranno alla mente. E allora si potrà anche regalarli a qualcuno. Un libro da mettere sotto l’albero di Natale. Dai 13 anni.

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