Ogni tanto si incontra nei più diversi autori, credenti o non credenti, l'affermazione che la lettura ha una parentela con la preghiera quando nell'atto di leggere si investe una qualità di attenzione e di devozione che unifica, purifica e potenzia il nostro contatto mentale con la realtà attraverso il linguaggio. Tutti sanno che nella nostra lunga tradizione il verbum, il logos, la parola, il discorso hanno un valore particolare, anzi centrale. Ci sono testi speciali, definiti sacri, al cui valore e alla cui integrità teniamo particolarmente; testi non di consumo ma che restano e durano nel tempo, sfidano il tempo perché sentiamo il bisogno di tornare a loro, di rileggerli, ruminarli, interpretarli di nuovo, assimilarli. Qualche teorico della letteratura ha trovato che anche i testi letterari sono testi più da rileggere che da leggere una sola volta. Nel corso di tutta la storia dell'umanesimo occidentale, a volte cristiano, a volte laico, ricorre frequentemente il consiglio di scegliere con cura e consapevolezza le proprie letture, magari singoli passi o singole frasi, su cui tornare come a un indispensabile nutrimento. È perciò importante che cosa leggere, ma anche come leggere, con quale intensità e intenzione. I più grandi filologi hanno spesso detto che la filologia non è altro che l'arte di leggere lentamente e ripetutamente. La discussione internazionale sul più famoso libro di critica di fine Novecento, Il canone occidentale di Harold Bloom, ha voluto riabilitare, rianimare la grande tradizione letteraria dopo un secolo di avanguardie iconoclaste. Un altro suo saggio è intitolato Come si legge un libro (e perché). E oggi, nelle nostre giornate? Ai due estremi, ma anche in corto circuito, ci sono da un lato i testi sacri e i classici, dall'altro i giornali. Cari insegnanti, voi siete, con i medici, gli intellettuali più importanti e utili alla società. Insegnate a leggere. In classe aprite ogni tanto un libro non scolastico e commentate almeno la prima pagina di un giornale.
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