Non si nasce donna: lo si diventa.
Dove c'è una donna, il povero non patisce.
Oggi festeggiamo le donne che si chiamano Anna: anch'io ho una sorella con questo bel nome che si connette in ebraico al termine
che indica la «grazia» amorosa di Dio e che si ritrova anche in «Giovanni». La tradizione apocrifa dei primi secoli ha attribuito questo nome alla madre di Maria, forse sulla scia di quello portato dalla madre del profeta Samuele. Ho, così, voluto pensare a un "Mattutino" tutto al femminile, con due citazioni dalla genesi molto differente. Parto dalla prima che è della scrittrice francese Simone de Beauvoir, contenente una considerazione meno paradossale di quanto sembri. Infatti, ogni profilo autenticamente umano è, sì, genetico ma anche "culturale".
Essere madre o padre, ad esempio, è molto più che generare un figlio o una figlia. Partorire è un atto fisiologico che, però, nella persona umana esige un coinvolgimento di sentimenti, di impegni, di amore. Questo vale anche per essere donna, anche se purtroppo la società contemporanea fa di tutto per ridurla alla mera fisicità, alla pelle, all'esteriorità (c'è una bella differenza tra "femmina" e "femminilità"). E, allora, acquista valore la seconda citazione che appartiene a un autore ottocentesco dimenticato, Cesare Cantù. La sua è forse una visione idilliaca perché ci sono donne egoiste come i maschi («Hai mai visto donne che si innamorino dei poveri?», ironizzava lo scrittore Marcel Pagnol). Tuttavia, bisogna riconoscere che il dono della sensibilità, l'amore per la vita e la pace è più vivo nella donna. È una lezione che i maschi, spesso più sbrigativi e freddi, dovrebbero imparare senza riserve o scusanti.
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